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Debito e produttività: il binomio vincente per garantire sostenibilità alle finanze pubbliche

Nella teoria economica la produttività riveste un ruolo chiave e dominante, essendo al centro delle analisi e degli studi degli economisti. Per produttività si intende, essenzialmente, la capacità di un sistema economico di produrre risultati (output) impiegando minori quantità di fattori di produzione (input).

La produttività è una misura di redditività ed efficienza. Un sistema economico incrementa la sua produttività quando riesce ad innovare, producendo così eguali benefici a fronte però di minori costi sociali ed economici. Un sistema economico, ad esempio, può incrementare la produttività tramite un’innovazione tecnologica, ovvero una nuova tecnologia che consenta, rispetto alle tecnologie precedenti, di produrre più beni e servizi impiegando minori fattori di produzione. Tutto questo, ovviamente, giova positivamente alla crescita economica e sociale di un Paese.

Il debito, contestualmente, consente ad un’economia di ottenere fondi in prestito, tipicamente a scopi produttivi, al fine di effettuare investimenti strategici nel sistema economico o, semplicemente, coprire la carenza di liquidità risultante dalla tassazione e dagli introiti fiscali deficitari. Il debito pubblico, ovvero il livello di indebitamento legato all’apparato statale, è una variabile chiave in macroeconomia poiché consente di monitorare l’andamento delle finanze pubbliche e la loro stabilità. Tipicamente, questo per garantire maggior rigore e trasparenza nell’analisi dei conti pubblici, il debito pubblico di un Paese si paragona con il suo Pil, ovvero il prodotto interno lordo. Secondo i trattati europei, siglati a Maastricht nel 1992 per favorire l’adesione dei Paesi nell’Unione monetaria, il debito pubblico di un Paese deve essere inferiore al 60% del Pil, questo per garantire omogeneità, trasparenza e stabilità nei conti pubblici.

Debiti pubblici elevati, come avvenuto in Europa durante la crisi dei debiti sovrani del 2012, possono minare la stabilità finanziaria dell’intera Unione monetaria, con gravi ripercussioni sulla tenuta economica del continente. I mercati finanziari, tendenzialmente, in presenza di elevati debiti pubblici tendono a speculare e scommettere contro la stabilità macroeconomica di un Paese, con ovvie ripercussioni sugli spread e sulla reputazione finanziaria del Paese stesso.

Una legge della finanza recita che “solo chi non ha bisogno di finanziamenti può chiederne a prestito” a testimonianza di come, fondamentalmente, non sia particolarmente importante il livello assoluto del debito pubblico quanto la sua sostenibilità finanziaria. Un debito è sostenibile quando, alla luce della sua condizione macroeconomica, non viene compromessa la capacità, da parte delle generazioni future, di onorarlo abilmente. Il debito, infatti, prevede un certo tasso d’interesse, anche definito come onere del debito, che dovrà essere pagato dai debitori ai creditori in fase di restituzione. In economia, perciò, più un Paese sperimenta una produttività elevata, o analogamente un Pil elevato, maggiore sarà la sua abilità nell’onorare il debito. Incrementare il Pil, servendosi di investimenti pubblici-privati ed investimenti nell’istruzione che aumentino il capitale umano degli studenti, è fondamentale per garantire il servizio del debito e la sua sostenibilità nel lungo termine.

Un debito, secondo la teoria macroeconomica, si definisce buono e sostenibile quando, con i proventi derivanti dagli investimenti connessi all’indebitamento, si riesce, abilmente, a ripagare ed onorare il debito precedentemente contratto. E’ perciò fondamentale che, nel contrarre un debito, vi sia l’abilità, da parte del contraente, di disporre di mezzi e fattori che gli consentano di rendere tale indebitamento produttivo e tollerabile nel tempo. Un indebitamento è sostenibile se, grazie ad esso, il valore economico finale connesso all’investimento è superiore all’ammontare preso a prestito. In questo modo il debitore, oltre ad essere abile ad onorare il debito, avrà anche realizzato un profitto, dato dalla differenza tra il valore monetario dell’ammontare presto a prestito ed il valore economico finale realizzato.

Un investimento tipicamente efficiente e sostenibile è l’investimento in istruzione poiché, nel lungo periodo, con le competenze e conoscenze acquisite, si avrà una prospettiva di maggiori retribuzioni e guadagni. In questa circostanza, il costo legato all’indebitamento viene compensato dalla maggiore retribuzione attesa nel lungo periodo. Un investimento, invece, non è sostenibile quando non produce crescita economica per permettere, in futuro, di onorare abilmente il debito maturato. Se mi indebitassi per acquistare un bene che, a livello economico, non è in grado di produrre maggiore ricchezza futura, avrei un debito tipicamente insostenibile che può minare le mie finanze personali. In conclusione è bene ribadire come, affinché vi sia connubio tra sostenibilità e crescita economica, la produttività, ovvero il Pil, deve crescere per poter compensare, nei valori assoluti, il livello dell’indebitamento.

L’Italia nel 2024, secondo le stime dell’Istat, ha registrato un debito pubblico pari a circa il 140% del Pil. Il debito italiano, analizzandone il valore relativo al Pil, risulta essere insostenibile, rappresentando così un grave problema per la stabilità interna delle finanze pubbliche. La produttività italiana, inoltre, risulta essere in declino da più di 20 anni, aggravando una situazione già particolarmente precaria per i nostri conti pubblici.

Saremo abili nel rilanciare, anche alla luce degli ingenti finanziamenti previsti dal Pnrr, la nostra produttività permettendo così, in futuro, al nostro debito pubblico di essere sostenibile, procedendo lungo sentieri di decrescita?

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