Deficit

Come lo spread influenza l’economia di un Paese

Lo spread, in economia, è un indicatore economico e finanziario fondamentale per valutare lo stato di salute di un’economia.

Il termine spread, tradotto dall’inglese, significa essenzialmente “allargamento” e “differenziale.

In ambito finanziario, lo spread indica la differenza di rendimento, o tasso d’interesse, vigente tra due o più strumenti finanziari di eguale durata e tipologia.

In riferimento all’economia italiana, con spread si intende la differenza vigente tra il tasso d’interesse, o di rendimento, dei titoli di Stato italiani a 10 anni (Btp) e l’analogo titolo tedesco di eguale durata (Bund).

La Germania, essendo un’economia virtuosa nella gestione delle finanze pubbliche e finanziariamente affidabile, viene percepita dai mercati finanziari come un benchmark, ovvero un punto di riferimento attraverso cui valutare il rischio e la solvibilità degli altri Paesi richiedenti credito e liquidità.

Lo spread Btp-Bund ci informa su quanti interessi in più lo Stato italiano debba corrispondere, rispetto alla Germania, ai suoi sottoscrittori dei titoli del debito pubblico.

Uno spread elevato, essenzialmente, comunica una mancanza di fiducia, da parte degli investitori, circa l’abilità del nostro Paese di ripagare i debiti contratti, con i relativi interessi. Non godere della fiducia da parte dei mercati finanziari, per un Paese, può avere conseguenze potenzialmente devastanti circa l’abilità, di una nazione, di ricevere liquidità per provvedere al corretto funzionamento dell’apparato pubblico.

In circostanze di crescenti tensioni finanziarie sui mercati, un Paese, affinché possa accedere al credito dovrà, inevitabilmente, conferire interessi crescenti agli investitori, compensandoli per il “maggior rischio” assunto in fase di sottoscrizione di attività finanziarie rischiose.

In finanza, infatti, è cruciale e fondamentale ricordare la relazione inversa tra prezzo e rendimento di un’attività finanziaria.

Vige, difatti, il detto che “solamente coloro che non hanno necessità di credito possono effettivamente prendere denaro in prestito”.

Paesi percepiti dai mercati come finanziariamente rischiosi e poco stabili economicamente, dovranno elargire interessi crescenti sui loro titoli del debito pubblico e ciò, ovviamente, finirà per impattare negativamente sulla crescita economica futura del Paese, data la maggior spesa per interessi da dover sostenere, sottraendo così risorse economiche che sarebbero state impiegate con finalità produttive.

I tassi d’interesse, applicati ai titoli del debito pubblico, dipendono da diversi fattori, su tutti è bene ricordare i seguenti:

  1. Fondamentali strutturali ed economici dei Paesi (credibilità, politiche economiche varate, ecc.);
  2. Politica monetaria varata dalla Banca Centrale.

Il primo punto, già ampiamente analizzato e discusso, trova conferma nella struttura fiscale e finanziaria del Paese. Un’economia virtuosa, in salute, con buoni fondamentali macroeconomici riuscirà a finanziarsi, sui mercati finanziari, a tassi d’interesse decrescenti.

E’ bene, inoltre, analizzare criticamente gli effetti e le conseguenze della politica monetaria delle Banche centrali.

Una politica monetaria espansiva, ad esempio, iniettando liquidità nel mercato, o tagliando i tassi d’interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale e marginale, avrà ovvie ripercussioni positive sul calo dei tassi d’interesse, richiesti dai titoli di Stato, per reperire liquidità sul mercato, con un graduale calo dello spread.

Ma effettivamente, cosa comporta, per l’economia di un Paese, uno spread elevato?

Oltre, ovviamente, alle tensioni finanziarie crescenti sui titoli di Stato che, inevitabilmente, dovranno corrispondere interessi molto elevati per convincere gli investitori a prestare liquidità allo Stato, vi sono anche importanti conseguenze a livello bancario.

Le banche, infatti, detengono nell’attivo dei loro bilanci molte attività finanziarie tra cui, soprattutto, titoli del debito pubblico. Il rendimento dei titoli di Stato è inversamente proporzionale al prezzo degli stessi. Qualora, a causa di tensioni e speculazioni sui mercati finanziari, i titoli di Stato di un Paese perdano valore, ovvero gli interessi ad essi collegati aumenteranno sensibilmente, ciò comporterà una graduale tensione all’interno del settore bancario che si ritroverà in disequilibrio finanziario, con le passività che più che compenseranno le attività di bilancio.

Le banche, dunque, affinchè l’equilibrio economico-contabile nei loro bilanci venga salvaguardato, riverseranno i maggiori costi sostenuti, incrementando i tassi d’interesse sulle operazioni di finanziamento a famiglie e imprese.

Questa decisione, inoltre, potrebbe a sua volta generare un credit crunch nell’economia, ovvero una massiccia riduzione del credito nel sistema economico, a causa dei maggiori costi di finanziamento, con effetti recessivi per l’economia, a causa di una riduzione della domanda aggregata e, dunque, della produzione reale.

In Italia, in seguito alla crisi dei debiti sovrani del 2011/2012, lo spread raggiunse, sotto la guida del Governo Berlusconi, quota 600 punti base.

Se, ad esempio, un Btp decennale italiano rendeva annualmente l’8% e il Bund tedesco, a parità di scadenza, rendeva il 2%, lo spread sarebbe stato pari a 600 punti base, ovvero 6 punti percentuali.

Ciò causò, anche grazie alla pressione delle principali istituzioni finanziarie europee, la caduta del governo Berlusconi e la nascita del governo tecnico, di unità nazionale, capitanato da Mario Monti, economista, ex presidente dell’Università Bocconi di Milano, che aveva il compito di riportare fiducia nell’economia italiana, calmierando lo spread e le speculazioni, da parte dei mercati finanziari, sui titoli di Stato Italiani.

Il Governo Monti varò una serie di politiche economiche improntate all’austerità, con ampi tagli alla spesa sociale ed un incremento della pressione fiscale.

Celebre, poichè oggetto di ampie discussioni e critiche a livello politico e sociale, fu la riforma pensionistica “Monti-Fornero” promossa dal decreto “salva Italia“, che inasprì i requisiti minimi per ritirarsi dal mercato del lavoro e godere dei benefici pensionistici maturati.

Lo spread, perciò, sottolinea come un’allocazione e gestione efficiente delle risorse e dei conti pubblici sia fondamentale per garantire sostenibilità alle finanze pubbliche, evitando dunque tensioni e attacchi speculativi, da parte dei mercati, all’economia del Paese i cui effetti, come abbiamo ampiamente analizzato, possono essere devastanti sia da un punto di vista finanziario che sociale.

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