Fatture per operazioni inesistenti e corruzione: la pronuncia della Cassazione
Fatture per operazioni inesistenti e corruzione: la pronuncia della Cassazione
di Claudio Melillo
A rafforzare la valenza del D.lgs. n. 74/2000, aggiornato al 2015, in materia di reati tributari, è intervenuta la Cassazione con la sentenza n. 52321/2016. Di seguito, un breve rendiconto sulla decisione dei Giudici di legittimità.
La Corte di Cassazione si è pronunciata in riferimento ad una vicenda che, nel periodo 2012-2013, ha coinvolto uno dei componenti del collegio sindacale di una società di capitali, ritenuto corresponsabile dei reati di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Nel dettaglio, l’imputato avrebbe messo a disposizione il proprio studio per favorire gli incontri utili a porre in essere un accordo corruttivo, usufruendo di una fittizia documentazione contabile ovvero di fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte. Condizioni rese ancor più gravi dal numero di persone, superiore a cinque, che vi ha preso parte e dal ricorso a un gruppo criminale operante in diversi Stati.
La colpevolezza dell’indagato è desumibile anche sulla base di alcune intercettazioni telefoniche, aventi ad oggetto il tema delle tangenti.
L’imputato ha presentato ricorso per cassazione elencando una serie di motivazioni in contrasto con quelle sostenute dalla Corte di Appello. Tra queste, un tentativo di giustificazione secondo cui le fatture contestate, se pur non in linea con la realtà a causa dell’imprecisa qualificazione, nei documenti fiscali, dell’attività svolta, erano relative a pagamenti realmente avvenuti e, dunque, connesse a operazioni effettivamente esistenti, il che non avrebbe apportato alla società alcun beneficio sul piano fiscale dal momento che i costi erano stati concretamente sostenuti.
La Corte Suprema ha rigettato il ricorso sostenendo le argomentazioni della Corte di Appello richiamando il D.lgs. n. 74/2000, secondo il quale rappresenterebbero una manifestazione di reato quelle “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, emesse a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte”. La Corte ha precisato che di operazioni inesistenti possa dirsi anche con riferimento a quelle “giuridicamente” inesistenti, ossia qualificate in maniera difforme dalla realtà.
Inoltre, la Cassazione, in merito al rilievo probatorio della fattura, ha evidenziato l’infondatezza di un qualsiasi documento emesso per occultare l’erogazione di un importo effettuata per una causale diversa da quella indicata, perché mendace anche ai fini della determinazione dell’imponibile.
Una sentenza questa che non rileva tanto per la vicinanza temporale quanto invece per il fatto che risulta più che mai attuale, dal momento che, a tutt’oggi, non si può far a meno di ascoltare o leggere di vicende analoghe. Il fenomeno corruttivo sembra inarrestabile. E in effetti, sembra che qualsiasi riforma non sia in grado di apportare alcun miglioramento.
La corruzione appare profondamente radicata nel tessuto sociale, a tal punto che sarebbe necessario un lavoro sugli uomini piuttosto che sulle leggi. Una sorta di lavoro culturale che vada a ripulire un Paese danneggiato da anni e anni di malcostume ad ogni livello. Occorrerebbe una volontà concreta comune per “sconfiggere” la corruzione, che ponga le radici proprio nell’educazione, nella base culturale di ogni uomo, alla base della civiltà.
Finché ci saranno uomini che non avranno problemi a barattare la propria coscienza pur di ricavare potere o denaro, la corruzione diventerà sempre più forte e le norme sempre più impotenti. La parte prima della Costituzione è una buona base da cui ripartire: solamente, basterebbe attuarla.