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L’evoluzione della regolamentazione bancaria europea in materia di sostenibilità non finanziaria

I fattori Environmental, Social & Governance, meglio conosciuti con l’acronimo ESG, compongono i tre pilastri della sostenibilità non finanziaria [1]: Environmental attiene a tutto ciò che afferisce al tema della tutela dell’ambiente, come il climate change, la riduzione delle emissioni di CO2 e l’inquinamento. Social comprende le politiche di genere e inclusive, la tutela dei diritti umani, dei lavoratori e degli interessi dei stakeholders dell’attività di impresa. Infine, Governance abbraccia sia le condotte e i requisiti che i componenti dell’organo di gestione devono possedere, sia le remunerazioni dei membri del Consiglio di Amministrazione e il raggiungimento all’interno di esso della parità di genere, insieme al sistema di controlli interni [2].

Sin dal 1987, la sostenibilità viene definita come quella «condizione di sviluppo tale da assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri» [3] e tale condizione permette alle imprese di svolgere la loro attività con strategie equilibrate, a basso impatto ambientale, tali da non pregiudicare i livelli di benessere umano, la salute e l’equilibrio sociale [4]. Per sostenibilità, tuttavia, ci si può riferire anche alla c.d. “continuità aziendale” enunciata al secondo comma – introdotto dal D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14. – dell’art. 2086 del codice civile, indicando la possibilità che gli amministratori, in un arco temporale sufficientemente lungo, garantiscano all’impresa un equilibrio economico/finanziario [5].

Ad oggi, i fattori ESG costituiscono il punto di riferimento principale per le scelte economiche e sociali a livello globale [6],  incoraggiando da una parte i regolatori ed autorità di vigilanza e dall’altra i cittadini e le imprese ad accelerare la transizione economica [7], promuovendo un cambiamento culturale e sociale, oltre che giuridico ed economico [8]. Attualmente, la sostenibilità non finanziaria non rappresenta – o non dovrebbe rappresentare – un vincolo per le imprese: al contrario, essa viene vista come un’opportunità di crescita [9] e differenziazione [10], rispondendo così all’esigenza di temperare la logica del profitto bilanciando, quindi, l’interesse dei soci con quello degli altri stakeholders [11].

 1.2 L’azione dell’Unione Europea per favorire la transizione verso la sostenibilità

I fattori ESG sono divenuti un tema centrale nelle politiche e nel diritto dell’Unione Europea, conoscendo nell’ultimo lustro un vero exploit normativo [12]: a marzo 2018, attuando l’Accordo di Parigi del 2015 [13] e l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite [14], la Commissione Europea pubblica un Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile [15] e nel dicembre 2019 avvia, nell’ambito del Green Deal europeo [16], il cosiddetto Fit for 55 [17], una dettagliata normativa europea ed un pacchetto di iniziative legislative con l’obiettivo di ridurre le immissioni di carbonio e di avviare l’Unione Europea verso la neutralità climatica entro il 2050.

Attraverso la definizione di articolati piani programmatici con l’intento di raggiungere la neutralità climatica e la sostenibilità dal punto di vista sociale, l’Unione Europea si è prefissata, oltre al resto, di raggiungere gli obiettivi previsto dal Pilastro Europeo dei Diritti Sociali [18].
La Commissione, per conseguire i traguardi prefissati dal Green Deal europeo, ha affermato che è opportuno impiegare «tutte le risorse finanziarie, sia pubbliche che private, sia nazionali che multilaterali» [19], ponendo al centro del sistema finanziario i finanziamenti verdi e sostenibili.

Per tale motivo, grazie alla loro capacità di convogliare fondi verso specifici settori incidendo di conseguenza sugli enti finanziati, le società bancarie sono chiamate a divenire protagoniste – seppur incoraggiate ed indirizzate dalle autorità del settore bancario – del processo di transizione, svolgendo un ruolo fondamentale nell’orientare l’economia verso un’autentica sostenibilità.

Integrando i fattori ESG nel loro modello di business, le banche hanno iniziato a concedere sia i green loan, finanziamenti volti a finanziare le imprese che intendono realizzare progetti con chiari benefici ambientali [20], sia i sustainability – linked loan, finanziamenti volti ad incentivare l’impresa mutuataria a raggiungere obiettivi di sostenibilità già predefiniti [21]. Inoltre, sono sorti i sustainability – linked deposit: i fondi entrati nella disponibilità degli enti creditizi vengono destinati ad attività che soddisfano i requisiti ESG.
La sostenibilità è divenuto un tema al quale hanno posto attenzione tutte le tipologie di banche – e non, o non più solo  quelle etiche [22] – anche con il fine di attrarre nuova clientela ed ottenere guadagni di reputazione [23]. Si può constatare dunque che gli obiettivi di sostenibilità, senza l’ausilio del sistema creditizio, non possono essere raggiunti e viceversa, oggigiorno le banche non possono non confrontarsi con la sostenibilità [24].

1.3 Le recenti riforme normative in tema di sostenibilità applicate al settore bancario

La Commissione Europea, al fine di realizzare gli obiettivi del Green Deal europeo ed attuando gli standards del Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria (il principale standard setter internazionale per la vigilanza prudenziale delle banche) ha recentemente emanato un considerevole corpus normativo.
Con il Backing Package 2021 [25] pubblicato dalla Commissione nell’ottobre 2021 e approvato dal Parlamento Europeo nel marzo 2023, le autorità di vigilanza sono autorizzate definitivamente ad incorporare i fattori ESG non solo in fase di Supervisory review and evaluation process (SREP) [26], ma anche nei stress test, con l’obiettivo ultimo di perseguire la stabilità finanziaria e il finanziamento sostenibile dell’economia. Inoltre, si richiede agli enti creditizi di dotarsi di idonei assetti di governo societario per comprendere i rischi ESG nel calcolo del capitale interno delle banche, estendendo l’obbligo di informativa di sostenibilità a tutti gli intermediari e non solamente a quelli quotati e di grandi dimensioni [27].

Fondamentale per il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità è la disclosure delle informazioni ESG da parte delle banche nei confronti del mercato, sopratutto per contrastare il fenomeno greenwashing: [28] il legislatore europeo, a tal fine, è intervenuto con il regolamento 2020/852 (Taxonomy Regulation) che definisce criteri uniformi a livello europeo per stabilire se un’attività economica è ecosostenibile [29], contrastando di conseguenza il greenwashing di prodotti finanziari. [30] Dal 2014, inoltre, tutte le banche (congiuntamente alle società quotate in borsa e alle assicurazioni) sono soggette alla Non – Financial Reporting Directive [31]  (NFRD), la quale richiede agli enti di descrivere come questi hanno adottato i fattori ESG nel loro modello aziendale, oltre che richiedere l’informativa sulla politica ambientale [32].
Tuttavia, la NFRD si vede modificata dalla recente Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) [33] la quale è entrata in vigore lo scorso 5 gennaio 2023: quest’ultima direttiva modifica i precedenti obblighi di rendicontazione di sostenibilità, estendendo il campo di applicazione a tutte le grandi società europee – comprese le società bancarie – indipendentemente dal fatto di essere quotate, ad eccezione, però, delle micro-imprese.
Scopo principale di tale direttiva è quello di garantire una maggiore trasparenza e standardizzazione delle informazioni sulle prestazioni ambientali, sociali e di governance da parte delle imprese: per meglio comprendere, seppur senza pretesa di esaustività, il beneficio che il mercato ne trarrà – presumibilmente – da questa direttiva, si ritiene opportuno esaminare alcuni considerando di questa.
Innanzitutto, al nono considerando si afferma che le informazioni derivanti dalla rendicontazione della sostenibilità effettuata dalle imprese deve raggiungere due distinte categorie  di utenti: la prima categoria è rappresentata dall’arena degli investitori i quali, usufruendo di tali informazioni, saranno in grado di comprendere rischi, opportunità ed impatto dei loro investimenti su persone e ambiente. La seconda categoria di destinatari delle informazioni è rappresentata dalla categoria degli attori della società civile, compresi organizzazioni non governative e parti sociali: tale categoria, infatti, si aspetta che le società agiscano in modo rispettoso e responsabile in ottemperanza dei fattori ESG. Viene sottolineato, accortamente, che di norma i singoli cittadini o consumatori raramente consultano direttamente tali informazioni: essi, però, possono ottenere informazioni circa la sostenibilità di prodotti finanziari (investendo, in tal modo, in un’ottica di non sola sostenibilità finanziaria) che intendono sottoscrivere in via indiretta attraverso la richiesta di pareri o consigli a consulenti finanziari od organizzazioni non governative.
Tuttavia, l’attenzione viene posta anche alle imprese che dovranno rendere pubbliche le informazioni derivanti dalla rendicontazione di sostenibilità: all’undicesimo considerando si afferma che «le imprese stesse possono trarre beneficio da una rendicontazione di qualità elevata in merito alle questioni di sostenibilità». Si ritiene infatti che una  pertinente, precisa e sufficiente rendicontazione di sostenibilità possa consentire all’impresa stessa un potenziale miglioramento all’accesso al capitale finanziario. Inoltre, la stessa rendicontazione, oltre che a fungere d’ausilio alle imprese nel comprendere rischi ed opportunità legate alla sostenibilità, può costituire un ponte in grado di permettere il dialogo tra impresa da una parte e stakeholders di essa dall’altra, contribuendo ad un incremento di reputazione dell’impresa stessa.
L’articolo 1 paragrafo 4 della CSRD – rubricato “rendicontazione di sostenibilità” – definisce quali debbano essere le informazioni di sostenibilità da includere nella relazione sulla gestione: tra le varie, sono presenti le informazioni inerenti alla resilienza del modello e della strategia aziendali dell’impresa per quanto concerne i rischi connessi ai temi di sostenibilità, i piani imprenditoriali e piani finanziari – ivi incluse le azioni di attuazione – atti a garantire che il modello e la strategia aziendali siano compatibili con  gli obiettivi prefissati sia dall’accordo di Parigi, sia dal regolamento (UE) 2021/1119 il quale istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica. Particolare attenzione viene posta, infine, al ruolo esercitato dagli organi di amministrazione e più precisamente alle competenze e capacità che i membri di essi debbono possedere nell’affrontare efficacemente le questioni di sostenibilità.

1.4 Le zone d’ombra del diritto bancario europeo in ambito di sostenibilità non finanziaria

Al fine di ottenere una più nitida comprensione in merito alle modalità attraverso le quali le società bancarie dovranno affrontare la questione della sostenibilità non finanziaria, è necessario focalizzare l’attenzione sul ruolo svolto dai consigli di amministrazione delle banche stesse, in quanto sono i componenti dell’organo gestorio a far divenire la banca un soggetto protagonista del processo di transizione.
Attualmente, con la proposta di direttiva Corporate Sustainability Due Diligence (CSDD) [34], si è nel mezzo di una nuova stagione normativa che ha l’obiettivo di integrare concretamente la sostenibilità nella governance delle società andando a regolare  direttamente il comportamento degli amministratori: il legislatore europeo intende introdurre nell’ordinamento societario un «dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità» prevedendo per gli amministratori non obblighi di risultato bensì di mezzi, ovverosia la sostenibilità dev’essere perseguita attraverso procedure, protocolli, e policies nell’organizzazione societaria. Da ciò ne deriva, quindi, che il consiglio di amministrazione della società bancaria deve riscrivere le strategie aziendali – in ottemperanza al diritto dell’Unione – dove da una parte viene integrato tutto ciò che afferisce alla sostenibilità non finanziaria e dall’altra, per semplice effetto di correlazione, vengono poste in essere quei protocolli atti a mitigare i rischi che la sostenibilità comporta.
Per adempiere a tali attività, tuttavia, occorre porre l’attenzione a due zone d’ombra che appaiono insediarsi nell’ordinamento bancario se questa direttiva dovesse entrare in vigore: ci si limiterà, in questa sede, solo ad accennare tali incertezze normative.
La prima zona d’ombra riguarda i requisiti che gli amministratori devono (o dovrebbero) possedere per affrontare un tema nuovo per le banche come quello della sostenibilità non finanziaria. In primo luogo, pare opportuno non dimenticare che per gli amministratori delle società per azioni, in generale, non sono previsti requisiti espliciti di professionalità ed onorabilità, a condizione che tali società per azioni non siano quotate o società con statuti speciali, come le banche o assicurazioni. Gli esponenti aziendali delle società bancarie, per essere ritenuti idonei allo svolgimento del loro incarico, debbono possedere requisiti, conoscenze e competenze maggiormente stringenti rispetto alle società di diritto comune e volti al perseguimento della «sana e prudente gestione» della banca stessa: tale clausola viene richiamata, nel Testo Unico Bancario (d.lgs. 385/93), in diverse circostanze e nel caso di specie ci si riferisce all’articolo 26 del T.U.B rubricato “Esponenti aziendali” in recepimento dell’art. 91 della Dir. 2013/36/EU (CRD IV). Questi requisiti, conoscenze e competenze necessitano di sottostare ad un principio di proporzionalità che tenga in considerazione anche le dimensioni dell’ente creditizio dove rilevano non solamente le esigenze attuali della banca ma anche l’evoluzione futura della sua attività.
Tuttavia, risulta di dubbia comprensione quali requisiti, conoscenze e criteri siano necessari affinché gli amministratori possano gestire opportunamente le tematiche ESG e per di più è limitata la comprensione se tali – eventuali – parametri debbano essere posseduti dalla totalità dei componenti dell’organo gestorio o se è sufficiente che i parametri in questione debbano essere posseduti unicamente dai membri facenti parte dai sempre più presenti comitati esecutivi di sostenibilità.
La seconda zona d’ombra riguarda i rapporti della società bancaria con le sue controparti: la direttiva CSDD, in particolare, preannuncia un mutamento nel processo di erogazione del credito, dovuto all’implementazione dei fattori ESG nei business – model delle banche. Infatti, la CSDD impegna le banche a preoccuparsi che le loro imprese controparti – già in fase onboarding, ovverosia la fase di acquisizione del cliente – siano già munite di policy, codice di condotta e piani operativi di prevenzione al fine di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità [35]. Infatti, nel caso in cui per l’impresa controparte sia impossibile prevenire o attuare gli impatti negativi derivanti dal loro operato, la banca dovrebbe astenersi dall’allacciare un rapporto nuovo o prolungare quello già esistente. Tuttavia, vi sono alcune incertezze che meritano di essere menzionate:

  • non è del tutto comprensibile se tali vincoli riguardano la totalità delle società controparti della banca, o solo quelle di determinate dimensioni, quotate o meno;
  • occorre dissipare il dubbio se tali vincoli all’accesso al credito si riferiscono a qualsiasi settore d’appartenenza ed oggetto sociale o se tali vincoli riguardano, a maggior ragione, determinati settori ritenuti maggiormente inquinanti e volti quindi a generare impatti negativi, non solamente ambientali;
  • infine, non è chiaro se tali vincoli riguardano qualsivoglia entità del credito, o se questi vincoli vengono posti in essere solo nel caso in cui venga superato un determinato ammontare.

I consigli di amministrazione delle banche, attualmente e nell’immediato futuro, sono chiamati ad adottare politiche creditizie più precise e selettive, per gestire il delicato equilibrio fra finanziamento della transizione ed esclusione dei clienti che saranno classificati a maggiore impatto in base alla CSDD.

 

 

Note

[1] BEVIVINO V. (2022), L’attività ESG delle banche e la prospettiva di riforma della regolazione prudenziale delle informazioni, Rivista trimestrale di Diritto dell’Economia, n.4, pp. 484 – 516.

[2] ROLLI R. (2020) L’impatto dei fattori ESG sull’impresa. Modelli di governance e nuove responsabilità, Bologna, il Mulino.

[3] Brundtland, G. (1987) Report of the World Commission on Environment and Development: Our Common Future, United Nations General Assembly document A/42/427.

[4]  STELLA RICHTER M. jr (2021), Long – Termism, Rivista delle Società, n.1, pp. 16 -32.

[5] In tal senso, GINEVRI SACCO A. (2022), Divagazioni su corporate governance e sostenibilità, Rivista trimestrale di Diritto dell’Economia, n. 1, pp. 83 – 94.

[6] ALPA G. (2022), Solidarietà. Un principio normativo, Bologna, il Mulino

[7] AMOROSINO S. (2021), Il futuribile. Governare le transizioni “economiche”, in Passalacqua M. (a cura di), Diritti e mercati nella transizione ecologica e digitale, Studi dedicati a Mauro Giusti, Milano.

[8] CALDERAZZI R. (2022), La sostenibilità nell’impresa bancaria, Rivista trimestrale di Diritto dell’Economia, n. 4, pp. 168-192.

[9] PORTER M. E., KRAMER M. R. (2011), Creating shared value, Harvard Business Review, pp.62-77.

[10] CONTE F. (2022), La finanza sostenibile: limiti e profili evolutivi, in federalismi.it, n.33, pp. 1-26.

[11] CONTE G. (2008), La disciplina dell’attività d’impresa tra diritto, etica ed economia, in Conte G. (a cura di), Responsabilità sociale dell’impresa : tra diritto, etica ed economia, GLF editori Laterza

[12] ALPA G. (2021), Responsabilità degli amministratori di società e principio di «sostenibilità, Contratto e Impresa, vol. XXXVII, n.2,  pp. 721-732.

[13] L’accordo di Parigi è un piano d’azione per limitare il riscaldamento globale. Tale accordo è entrato in vigore il 4 novembre 2016, con l’adempimento della condizione della ratifica da parte di almeno 55 paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali di gas a effetto serra. Tutti i paesi dell’UE hanno ratificato l’accordo.

[14] L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.

[15] COM (2018) 97 final. Questo piano di azione si fonda sulla relazione finale del 31 gennaio 2018 dell’High – level expert group on sustainble finance, un gruppo di esperti istituito dalla Commissione Europea. Questa relazione si pone come obiettivo quello di «riorientare i flussi di capitali verso un’economia più sostenibile, integrare la sostenibilità nella gestione dei rischi e promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine delle imprese.»

[16] COM (2019) 640 final. Nello specifico, la Commissione Europea descrive l’European Green Deal come «una nuova strategia di crescita mirata a trasformare lUE in una società giusta e prospera, dotata di una economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissione nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dalluso delle risorse».

[17] COM (2021) 550 final.

[18] Tale documento è rinvenibile al seguente link: https://www.agenziacoesione.gov.it/wp-content/uploads/2019/02/PilastroEuropeoDirittiSociali_2018.pdf.

[19] COM (2021) 390 final, Strategy for Financing the Transition to a Sustainable Economy, pag. 1.

[20] BEVIVINO V. (2022), Il bank government dopo l’integrazione dei fattori ESG nella regolazione prudenziale europea, Banca Impresa Società, n. 3, pp. 593-635.

[21] BEVIVINO V. (2022), L’attività ESG delle banche e la prospettiva di riforma della regolazione prudenziale delle informazioni, Rivista trimestrale di Diritto dell’Economia, n.4, pp. 484 – 516.

[22] Le banche etiche sono banche popolari che, tenendo fede ai principi fondanti della cooperazione e della solidarietà, favoriscono non solo l’azionariato diffuso ma effettuano valutazioni etiche in fase di raccolta e di impiego. La banca etica, solitamente, agisce nei seguenti campi: servizi socio-sanitari-educativi, attività sociali verso soggetti deboli; la tutela ambientale e valorizzazione dei beni culturali; la cooperazione allo sviluppo; la qualità della vita.

[23] BEVIVINO V. (2022), Il bank government dopo l’integrazione dei fattori ESG nella regolazione prudenziale europea, Banca Impresa Società, n. 3, pp. 593 – 635.

[24] RIGANTI F. (2022), L’impresa bancaria nella transizione sostenibile: principi e problemi, Analisi Giuridica dellEconomia, n. 1, pp. 315-326.

[25] Il Backing Package 2021 comprende: i) la proposta di un regolamento che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013, il c.d. Capital Requirements Regulation (“proposta CRR 3”); ii) la proposta di una direttiva che modifica la direttiva 2013/36/UE e che modifica la direttiva 2014/59/UE (“proposta Capital Requirements Directive, CRD VI”); iii) la proposta di un regolamento che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2014/59/UE per quanto riguarda il trattamento prudenziale dei gruppi di enti a rilevanza sistemica.

[26] Questo processo, eseguito dalle Autorità di Vigilanza, permette di valutare e misurare i rischi assunti dal singolo ente creditizio. In particolare, vengono analizzati l’idoneità del modello imprenditoriale, del capitale, della liquidità ed infine del modello di governance.

[27] Lamandini M., Pellegrini F. (2022), Il completamento dell’Unione Bancaria e le prospettive di ulteriori riforme, in Chiti M. P., Santoro V. (a cura di) Il diritto bancario europeo. Problemi e prospettive, Pisa, Pacini giuridica, 2022, pp. 297-317.

[28] Con greenwashing ci si riferisce a quel comportamento illecito esercitato dagli enti volto a garantire un indebito vantaggio attraverso la pubblicazione di informazioni ESG in tutto o in parte assenti. In tal senso R.  Lener, P. Lucantoni, Sostenibilità ESG e attività bancaria, in Banca Borsa Titoli di Credito,  vol1/2023.

[29] BERTARINI B (2022), Il finanziamento pubblico e privato dell’European Green Deal: la tassonomia delle attivitа economicamente ecosostenibili e la proposta di regolamento europeo sugli european green bonds, Ambientediritto.it,  n. 1, pp. 1-20.

[30] Per un approfondimento circa il concetto di prodotto finanziario si v. Renzo Costi, Il mercato mobiliare (a cura di Sergio Gilotta), G. Giappichelli Editore, 2020, pag. 1.

[31] Direttiva 2014/95/UE.

[32] COSSU M. (2022), Tassonomia finanziaria e normativa dei prodotti finanziari sostenibili e governo societario, Banca Impresa Società,  n. 3 , pag. 433-487.

[33] Direttiva UE 2022/2464. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32022L2464.

[34] Nello specifico, la proposta di direttiva CSDD si applica a: i) le grandi imprese europee con più di 500 dipendenti e più di 150 milioni di euro di fatturato annuo; ii) le imprese europee con almeno 250 dipendenti e oltre 40 milioni di euro di fatturato annuo che operano in settori ad alto impatto come tessile, agricoltura ed estrazione di minerali; iii) le imprese extra-europee attive in area UE che vantano un fatturato generato nell’UE e allineato ai due gruppi di cui sopra.

[35] DELLAROSA E. (2023), Cosa c’è dietro la «G» di Esg: una nuova governance bancaria per la sostenibilità, Bancaria, n. 5, pp. 41- 48.

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