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Dalla Costituzione all’evoluzione in senso materiale e ideale dell’ordine pubblico

1. La redazione della Carta Costituzionale e la negazione del concetto di ordine pubblico

La mancanza dell’espressione “ ordine pubblico ” all’interno della Carta costituzionale, è un fattore da analizzare da diverse prospettive. Da una prima analisi dei lavori preparatori alla redazione della Costituzione, da parte dell’assemblea costituente, emerge il forte timore, provocato dal retaggio storico-culturale dell’ormai demolito Stato fascista, della visione ideale funzionalistica dell’ordine pubblico come principio ideale ed omnicomprensivo rivolto al sostegno dell’immagine e della tutela dello Stato apparato autoritario, a discapito delle libertà dei consociati. L’esclusione di ogni riferimento al concetto di ordine pubblico riflette, quindi, la riluttanza dell’assemblea costituente nei confronti degli effetti prodotti da una simile impostazione, al fine di proteggere i diritti e le libertà dei consociati (1). L’approccio al concetto di ordine pubblico, da parte dell’assemblea costituente, può definirsi timoroso in senso condiviso e ambivalente perché tra i redattori della “ Carta ” c’era chi si opponeva al concetto in maniera drastica, tra i quali Togliatti e Lucifero e chi invece assumeva una posizione intermedia tra l’ammettere l’inserimento del concetto tra i principi costituzionali ed operare allo stesso tempo una restrizione del significato dello stesso onde evitare tentativi manipolatori in fase esecutiva ed attuativa, tra cui emerge la figura di Moro. In particolare, sia Togliatti che Lucifero negano in maniera assoluta ogni riferimento del testo Costituzionale al concetto di ordine per timore di una sua manipolazione pubblica (così come avvenne nel periodo fascista) ordinata a limitare fortemente le libertà ei diritti dei consociati. Ad esempio, in relazione alla redazione dell’articolo dedicato alla libertà di circolazione, entrambi condividonoro il pensiero di imporre dei limiti alla stessa libertà solo in casi eccezionali, quali guerre, epidemie, calamità naturali, con lo scopo di evitare l’imposizione limitativa arbitraria da parte del potere esecutivo.
Di tutt’altro senso, era la posizione di Moro (2), il quale invece credeva che l’ordine pubblico fosse necessario al mantenimento della tranquillità pubblica ed a garantire il regolare svolgimento della vita sociale, perché il potere di polizia è reputato dallo stesso , indispensabile a garantire la sicurezza dei concittadini, con il monitoraggio però di non esercitare tale potere per scopi diversi e tanto meno per fini politici.
Continuando ad analizzare la visione dell’assemblea Costituente in ordine all’integrazione del concetto di ordine pubblico nella Costituzione, è utile riferirsi al richiamo effettuato dal relatore Basso, nella discussione dedicata all’elaborazione dell’articolo relativo alla libertà di associazione, al parere del Consiglio di Stato in merito all’elaborazione della legge sulla pubblica sicurezza, mai venuta alla luce, con riferimento al diritto di associazione, perché tramite quest’ultimo si palesa la generale ostilità nei confronti del concetto, ritenuto fallibile in ottica esecutiva e labile in ottica di significato e di interpretazione (3). Il Consiglio di Stato, infatti, in quel parere affermò di ritenere pericoloso ogni riferimento all’ordine pubblico in relazione al diritto di associazione, a causa della vaghezza del concetto (di natura elastica), che avrebbe potuto comportare un ampio potere di valutazione discrezionale da parte delle autorità statali (4) ledendo il diritto stesso che si intendeva tutelare. Sulla stessa scia si colloca l’approccio dell’assemblea Costituente al concetto di ordine pubblico in relazione alla libertà di culto. Nel progetto originario del testo relativo all’articolo 14 (poi divenuto articolo 19), dedicato alla libertà di religione (culto), si considerò il concetto di ordine pubblico idoneo a fungere da limite all’esercizio della libertà stessa. Tra i contrari all’inserimento del concetto, spicca l’argomentazione di Binni, il quale propone di inserire nel testo dell’articolo il riferimento al rispetto dell’ordinamento giuridico, in sostituzione al concetto di ordine pubblico, a causa della labilità concettuale di quest «ultima, una labilità che venne considerata pericolosa non solo per l’esercizio della libertà di religione, ma anche per il più ampio genus costituito dalla libertà di opinione, una labilità che sarebbe potuta essere sfruttata per la realizzazione di scopi diversi (5).
La medesima decisione di correzione e sostituzione del termine ordine pubblico, si ebbe in relazione alla libertà di riunione. Nella Relazione all’assemblea costituente, la sottocommissione per i problemi costituzionali considera opportuno che “ sia assicurato il diritto di riunione senza preavviso in luogo privato e con preavviso alle autorità in luogo pubblico, con facoltà di divieto solo per comprovate ragioni di ordine pubblico e con la sanzione della responsabilità per i funzionari che neghino il diritto per ragioni sostanzialmente inesistenti ”. Successivamente si modificò l’espressione “ comprovate ragioni di ordine pubblico” in “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica (6)”. L’assenza dell’ordine pubblico nella redazione della Carta Costituzionale, quindi, si traduce, alla luce dell’analisi dell’interpretazione dell’Assemblea Costituente relativa al concetto, in un generale senso di pericolosità del significato dello stesso, a causa della mancanza di una sua definizione e risultante, in tal modo, troppo soggetto ad attività manipolatoria e/o arbitraria e per tali ragioni viene considerato contrario all’animus stesso della Costituzione, improntata a tutelare le libertà ed i diritti dei consociati. Tuttavia, tra gli interpretati della dottrina post -costituzionale, c’è chi rinviene il concetto di ordine pubblico nel testo Costituzionale, pur non essendo lo stesso ancora esplicitato, si precisa che ci si sta riferendo ad un periodo storico che precede la riforma del titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001, la quale ha comportato la formulazione innovativa anche dell’articolo 117 dove alla lettera h si fa espresso riferimento al concetto. L’ordine pubblico, secondo questa impostazione, viene scomposto nei suoi elementi fondamentali, quali ad esempio l’incolumità, la sicurezza od il buon costume, che diventano limiti delle singole libertà, cancellando la concezione dell’ordinamento fascista che leggeva l’ordine pubblico come limite immanente ad ogni libertà civile e conseguentemente, riducendo il potere di polizia a fronte delle riserve di legge e di giurisdizione, che costituiscono i principi cardine dell’azione legale e giuridica. Si pensi, in proposito, alla sicurezza come limite alla libertà di circolazione (art. 16) ed alla libertà di riunione (art. 17); alla incolumità pubblica come limite alla libertà domiciliare (art. 14); alla sanità come limite alla libertà domiciliare (art. 14) ed alla libertà di circolazione (art. 16); al buon costume come limite alla libertà di culto (art. 19) ed alla libertà di manifestazione del pensiero (art. 21). Di conseguenza, l’ordine pubblico non fungerebbe da limite immanente per ciascuna libertà civile, ma la regola si sosterrebbe nella previsione di un criterio più analitico, che differenzia e considera la disciplina di ciascuna libertà in relazione agli specifici interessi di volta in volta considerati. Inteso in questo senso, l’ordine pubblico viene qualificato come materiale-amministrativo che è proprio dello Stato persona e si mostra nei compiti di polizia e sicurezza pubblica, individuando “ lo svolgersi regolare e pacifico delle attività umane nella comunità statale ”, tutelato per mezzo , soprattutto, di norme di pubblica sicurezza (7) e di diritto penale.
A dimostrazione di tale impostazione teorica, come si è poc’anzi detto, nel 2001 è stato poi modificato il titolo V della Costituzione ed inserito il concetto di ordine pubblico, fino a quel momento assente nella Carta Costituzionale, presso la lettera h dell’articolo 117, circoscrivendone il ruolo e l’appartenenza al settore amministrativo e definendo quindi la sua natura materiale.
Di tutt’altro sentore è pervasa la Corte Costituzionale che, contrariamente all’orientamento negatorio dell’assemblea costituente nei confronti dell’ordine pubblico ideale, ne disanima l’essenza e la snatura dallo stampo fascista per ricondurla in una visione costituzionalmente orientata.

2. L’evoluzione dell’ordine pubblico verso la tutela della persona nel lavoro interpretativo della Corte Costituzionale

Nel lungo e laborioso iter evolutivo rispetto all’elaborazione del concetto di ordine pubblico, la Corte Costituzionale giunge all’affermazione finale, sebbene in merito all’ordine pubblico sia giuridicamente e sostanzialmente scorretto parlare in termine di arrivo, che l’ordine pubblico è un bene costituzionale da tutelare tramite la creazione di limiti. Nella sentenza della Corte Costituzionale n. 1 del 1956 (8) (prima sentenza in assoluto che si occupa della questione ordine pubblico) non si affronta direttamente il concetto dell’ordine pubblico, ma si introducono elementi ripresi dalla giurisprudenza circa i limiti delle libertà costituzionali, quali l’ordine pubblico. In questa sede si definisce che l’incostituzionalità di una legge può derivare dalla non osservazione di norme programmatiche e si introducevano, per quanto concerne le libertà, due limiti diversi rivolti ad operare su due corrispondenti momenti diversi: un primo limite legislativo in contrapposizione alla garanzia della libertà costituzionali sul piano formale ed un secondo limite correlato all’esercizio della libertà costituzionali. Nella sentenza n. 2 del 1956 (9), la Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, comma 3, Tulps, fondando il suo giudizio sulla costituzionalità dell’interpretazione, che riporta ai motivi di sanità e di sicurezza, quelli di ordine, sicurezza pubblica e pubblica moralità.
Con tale pronuncia, la Corte Costituzionale elabora la nozione di ordine pubblico materiale. Da queste prime pronunce embrionali, la Consulta giungerà nel giro di qualche anno ad elaborare la concezione ideale dell’ordine pubblico. Infatti, nella sentenza nr. 19 del 1962 (10), relativa all’estensione del limite dell’ordine pubblico alla libertà di manifestazione di pensiero, è una sentenza emblematica, in quanto la Corte innova il concetto di ordine pubblico allargandone la portata anche al significato ideale ed affermandone la natura di limite nell’ordinamento democratico. Chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 656 cp, la Corte allarga la nozione di ordine pubblico evidenziandone anche la portata ideale o normativa e ne afferma la legittimità come limite alla luce dei principi democratici. La Corte intende l’ordine pubblico come l’ordine legale su cui si regge la convivenza sociale ed, in tal senso, il concetto diviene dunque bene collettivo: “ l’esigenza dell’ordine pubblico, per quanto altrimenti ispirata rispetto agli ordinamenti autoritari, non è affatto estranea agli ordinamenti democratici e legalitari, né è incompatibile con essi ”. “In particolare, al regime democratico e legalitario, consacrato dalla Costituzione vigente e basato sull’appartenenza della sovranità al popolo, sull’uguaglianza dei cittadini e sull’impero della legge, è connaturale un sistema giuridico, in cui gli obiettivi consentiti ai consociati e alle formazioni sociali non possono essere realizzate se non con gli strumenti e attraverso i procedimenti previsti dalla legge. Tale sistema rappresenta l’ordine istituzionale del regime vigente; e appunto in esso va identificato l’ordine pubblico del regime stesso ”.
La Corte, dunque, afferma che per quanto riguarda la legittimità costituzionale dell’art. 656 cp, il limite è insito proprio nell’esigenza legale di prevenire o riparare in modo tale da interrompere ogni azione che possa recare danno all’ordine pubblico. Attraverso quest’impostazione, è evidente come la Corte Costituzionale abbia tracciato un concetto di ordine pubblico in senso normativo, il quale deve giuridicamente e necessariamente coincidere con l’ordine pubblico costituzionale e quindi basato su tutti i principi costituzionali. Ciò che l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale mostra, fino al momento storico analizzato, è che dalla derivazione dei limiti di ordine pubblico necessari a garantire l’unitarietà e la legalità dell’ordinamento giuridico, è passata al lavoro estrapolante da quegli stessi limiti previsti dalle leggi precedenti la Costituzione (basti riflettere sulle norme del codice civile), fino ad arrivare all’affermazione dell’ordine pubblico come bene giuridico costituzionale, da tutelare attraverso l’imposizione di limiti. In poche parole, per quanto riguarda il concetto normativo-ideale, l’ordine pubblico da limite, così come previsto nella normativa pre-costituzionale e così come derivato dalla normativa civile francese, compie un salto di qualità sostanziale, perché diviene esso stesso un centro di interessi meritevoli di tutela costituzionale. Le sentenze successive emanate dalla Consulta continueranno a seguire l’ iter tracciato dalla sentenza del 1962, legittimando la tutela dell’ordine pubblico, ancorando la stessa nel rango delle garanzie riservate ai beni costituzionali. Infatti, nei casi concreti esaminati nelle frasi nr. 199 del 1972 e n. 210 del 1976 (11), si afferma che attraverso la tutela dell’ordine pubblico si realizza necessariamente la tutela dell’ordine democratico, quindi del fondamento stesso che risiede alla base dell’ordinamento in generale e della Costituzione.
Tale passaggio può essere capito meglio se si affronta in breve racconto pronuncia della Corte che ne rivela il senso. Ad esempio, nella precedente sentenza nr. 84 del 1969 (12) la tutela dell’ordine pubblico diventa funzionale alla tutela del diritto al lavoro, del diritto all’organizzazione sindacale e del diritto all’iniziativa economica. Nelle successive frasi n. 16 del 1973 e n. 71 del 1978 (13), la garanzia dell’ordine pubblico coincide con il dovere di difesa nazionale, mentre nella sentenza nr. 126 del 1985 (14), si afferma che, tutelando l’ordine pubblico, si tutela la pubblica economia.
La Corte considera il limite dell’ordine pubblico come un concetto che va ad incardinarsi ad altri concetti e fondato su distinti valori costituzionali dei quali ne rappresenta una forma di garanzia e, allo stesso tempo, un concetto cardine fondato sui principi di democrazia e di ordinata governo delle maggioranze, posto cioè a base dell’ordinamento giuridico. Sebbene il lavoro svolto dalla Consulta fino a questo preciso momento storico sia notevole e di qualità, tuttavia, la stessa non riesce a tracciare una linea sicura e definitaria che possa distinguere la nozione di ordine pubblico ideale-normativa da quella di ordine pubblico materiale, al contrario, le due nozioni spesso si sovrappongono sia sul piano formale e di conseguenza nel momento applicativo-esecutorio. Ciò che appare chiaro è che i due concetti, nella giurisprudenza della Corte, si sono diffusi quello ideale a creare un valore costituzionale da salvaguardare, mentre quello materiale rileva nelle singole fattispecie. Infatti, riprendendo la sentenza nr. 168/71 (15) e altre ad essa analoghe, dove cioè la Corte richiama esempi che identificano l’ordine pubblico come materiale, perché lo stesso è analizzato in relazione a beni costituzionali specifici, successivamente si afferma come l’ordine pubblico sia da intendere come ordine costituzionale. Tale passaggio, consente di associare in modo diretto, la tutela dell’ordine pubblico, alla tutela garantista del godimento effettivo dei diritti inviolabili dell’uomo. Ma è proprio questo salto di qualità, nel lavoro interpretativo della Corte, ad aver aumentato gli aspetti di ambiguità e di incertezza legati al concetto e tali risultanze hanno causato la conseguente ed inevitabile confusione tra i limiti propri della tutela penale ed il disposto costituzionale. A seguito di queste difficoltà normo-applicative, la giurisprudenza della Corte ha trovato pochi sostenitori nella dottrina, la quale ha continuato a negare la possibilità di ritrovare il concetto di ordine pubblico ideale nella Costituzione, perché sostanzialmente, il concetto, a causa della vaghezza significativa e dell’utilizzo per cui è stato adoperato nel periodo storico fascista, è rimasto ancorato al volto negativo di limite “ praeter legem” e di conseguenza, anticostituzionale. E’ del tutto evidente, che una similitudine ancoraggio a limite negativo, non risulta coerente con la Costituzione e per garantire tale coerenza sistemica-legale, è necessario affrontare l’evoluzione interpretativa del concetto, come ordine pubblico costituzionalmente orientato, inteso dalla Corte Costituzionale come “sistema di valori e di principi inderogabili che informano storicamente l’ordinamento generale della comunità statale” e, di conseguenza, abbandonare il significato di limite ulteriore rispetto alle libertà costituzionali, che sul piano sostanziale significherebbe estendere i poteri di polizia, un’impostazione sistemica propria di uno Stato autoritario.
E’ chiaro che, a questo punto, è necessario prospettare come viene raggiunto l’equilibrio tra il concetto di ordine pubblico ideale delineato dalla Corte Costituzionale e la Costituzione. Se è vero che l’ordine pubblico nasce e rimane limite, in relazione al dettato costituzionale, diviene limite non per l’esercizio delle libertà fondamentali, ma esclusivamente rispetto alle fonti giuridiche diverse dalla Costituzione stessa. Si consideri, come punto di riferimento, il caso della libertà di manifestazione del pensiero, relativo alla già citata sentenza della Corte Costituzionale n. 19/62, riguardo al limite dell’ordine pubblico, in cui quest’ultima ha rigottato l’eccezione di incostituzionalità per contrasto con l’art. 21 Costo. della disposizione dell’art. 656 cp che punisce la pubblicazione e la diffusione di notizie, false esagerate e tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico. La Corte Costituzionale, in tale sede, accentua il rilievo dell’ordine pubblico con un’interpretazione restrittiva della nozione di manifestazione di pensiero, che non accetta forma di comunicazione che si realizzino attraverso forme d’azione. L’attenzione è rivolta sui modi di esercizio delle libertà e, in specifico, riguarda il contestuale esercizio della stessa libertà da parte di più persone, che perciò potrebbero ledere l’esercizio stesso del diritto. In questo punto, l’ordine pubblico diviene “ ordine legale sul quale poggia tutta la convivenza, ordine regolativo della coesistenza di più esercenti il ​​diritto o come situazione in cui più persone esercitano contemporaneamente il diritto”. Continuando nella sua evoluzione, la Corte Costituzionale ha elaborato il criterio del bilanciamento tra le libertà costituzionali ed i valori inerenti l’ordine pubblico. Il bilanciamento fonda il suo presupposto nell’inesistenza di ogni sorta di gerarchia inerente ai valori o ai principi costituzionali. Attraverso la tecnica del bilanciamento, si devono valutare le situazioni giuridiche con un parametro di giudizio che investe l’adeguatezza della norma restrittiva della libertà, rispetto all’interesse contrapposto che si vuole tutelare. In tal modo, l’ordine pubblico si comporta come un importante centro nevralgico del sistema, in grado di affermare la sua portata in tutte quelle situazioni che possono in qualche modo recare danno ad interessi e valori fondanti l’ordinamento e allo stesso tempo è in grado di arretrare, di fronte alla necessità di garantire l’esercizio dei diritti fondamentali. Il focus dell’apporto della Corte Costituzionale è l’aver sentito il bisogno di qualificare l’ordine pubblico in senso democratico, specificandone la portata in un ordinamento costituzionale, in modo tale da legalizzare il concetto sul piano normativo. Sin dalle sue prime pronunce, la Corte indicando la natura dell’ordine pubblico come limite implicito ad ogni libertà, lo considera come corrispondente ad esigenze degli ordinamenti democratici. Invero, la Corte considera come, in ogni sistema democratico, ci sia il bisogno di un sistema giuridico basato sulle leggi e non sulle forme di coazione o di violenza ed è proprio in questo che si identifica l’ordine pubblico.
Un altro momento importante per comprendere la portata della lettura democratica del concetto ordine pubblico, è quello in cui la Corte giunge alla dichiarazione di incostituzionalità dell’incriminazione del reclamo collettivo introdotta dal cppm, attraverso una ricostruzione della volontà del legislatore fascista. L’incriminazione del reclamo collettivo si basava sulla lettura autoritaria dell’intero ordinamento che considerava la protesta collettiva fenomeno contagioso e pericoloso. La Corte sottolinea come ogni incriminazione sia legata al particolare momento storico in cui ha avuto origine e, nel caso specifico, riconosce come l’introduzione della disciplina militare sia sintomatica della penalizzazione di situazioni di pericolo presunto, marcando il sentimento di repulsione nei confronti di una somiglianza. Il concetto di ordine pubblico viene così interpretato alla luce della democrazia del sistema. In particolare, si fa riferimento al concetto di democrazia così come esposto nella Carta costituzionale: per esempio, per il diritto di associazione in partiti, l’unico limite è il metodo democratico, che diviene così regola dei rapporti interpersonali e non contenuto ideale per il singolo partito; stessa considerazione vale per tutte le altre forme di associazioni che trovano il loro limite nel divieto di decisiva fini vietati dalla legge, potendo avere struttura non democratica o potendo praticare idee non democratiche; il divieto della ricostruzione del disciolto partito fascista conferma che non si elimina un’ideologia, ma si elimina solo l’organizzazione sul presupposto della possibile ricostruzione del partito. Tutto ciò si sposa con la disciplina insita nelle libertà civili, basandosi su tutte la considerazione positiva dell’individuo e delle sue potenzialità.

Considerazioni conclusive

La Costituzione italiana, e così anche la produzione giuridica extra-statale, di matrice europea ed internazionale, si concentra sul valore della persona umana, intesa come un unicum  formata da aspetto fisiologico e da essenza mentale-spirituale. Quasi tutte le disposizioni costituzionali, fatta eccezione per quelle specifiche predisposte al funzionamento dello Stato, apparato si occupa di delineare la tutela di un determinato ambito sociale, economico, politico, un ambito esistenziale in cui la persona può esprimere se stessa e svilupparsi. Ed è proprio questa impostazione costituzionale ad personam  che funge da spirale direzionale del concetto di ordine pubblico ideale, rievocato in chiave costituzionale attraverso il lavoro della Corte Costituzionale.
L’impostazione personalistica del sistema muta il significato delle norme non palesemente in contrasto con la Costituzione, per convogliare in quest’ultima le medesime e garantire, in questo modo, la coerenza e la legalità dell’ordinamento giuridico ante e post -costituzionale.

Note

[1] “ Condividendo la posizione di Togliatti, Lucifero propone di circoscrivere i limiti alla libertà di circolazione ai soli casi di guerra, epidemia, pubbliche calamità…al fine di inibire ogni possibilità di limite ulteriore ed arbitrario del potere esecutivo ” cit F. Angelini , Ordine pubblico ed integrazione costituzionale europea, Cedam, 2007.

[2] “ … per Moro, invece, era la tutela della libertà dei cittadini a necessitare la previsione di un potere di polizia finalizzato a restituire al loro domicilio e ivi fissare le persone pericolose alla sicurezza pubblica ”. Cit. F. Angelini, Ordine pubblico ed integrazione costituzionale europea, Cedam, 2007.

[3] Seduta del 25 Settembre 1946, Prima Sottocommissione, lettura di una parte del parere reso dal Consiglio di Stato in sede di preparazione della nuova legge di pubblica sicurezza, in seguito mai approvata, sull’articolo 237 relativo al diritto di associazione.

[4] Cit. F. Angelini, Ordine pubblico ed integrazione costituzionale europea , Cedam, 2007.

[5] Così si espresse l’on. Binni in merito “ Quanto poi al punto dell’ordine pubblico, questa formula mi pare ancora più pericolosa, più rischiosa. È una di quelle formule che, pur essendo consuetudinarie in alcune Costituzioni — per quanto non si trovano nelle Costituzioni dei più grandi paesi democratici — appare estremamente pericolosa e direi ricca di tentazioni per chi ha il potere e può servirsene per i suoi scopi particolari. Con la formula dell’articolo 14 si può impedire una manifestazione di libertà di pensiero, di libertà di religione e perciò io credo che questi pericoli ci siano veramente e che noi potremmo dare prova di generosità e di coraggio moderno, escludendo dalla nostra Costituzione quelle dovute limitazioni ”.

[6] V. Falzone, F. Palermo, F. Cosentino, La costituzione della Repubblica italiana , Milano, 1991, pag. 78; Nascita Costituzione.it, Binni sull’ordine pubblico nell’articolo 14, (lavori preparatori); Sulla costruzione giuridica dello Stato Costituzionale, dopo la caduta del regime fascista, Dogliani Mario, Costituente e identità nazionale , (Relazione al convegno sul tema: “Culture e Costituente”, Teramo, novembre 1997), in Diritto Pubblico, 2001, fasc. 1 pag. 57 – 69; Sullo stesso punto, Pallante Francesco, L’istituzione della costituzione italiana del 1947 , (Intervento al seminario organizzato dalla rivista “Filosofia e Teologia”, Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Torino, 27 aprile 2012), in Rivista AIC, 2012 , fasc. 4 pag. 8; Sulla definizione di ordine pubblico in relazione alla Costituzione, A. Cerri, Ordine pubblico, Enc.giur.Treccani, XXII, 1990 e Fiandaca-Musco,2012, 474; Maimone, Ordine pubblico e Costituzione, Orizzonte 48, 2017.

[7] G. Landi, voce Pubblica sicurezza, in Enc. dir., XXXVII, Giuffrè, Milano, 1988, p. 923 ss. e Foà, voce Sicurezza pubblica, in Dig. discoteca. ed., XIV, Utet, Torino, 1995, p. 127 ss.; Sul concetto di sicurezza pubblica: Grandi Marco, Manifestazioni pubbliche e gestione della sicurezza: linee guida del ministero , (Commento a circ. min. Interno 18 luglio 2018), in ISL – Igiene e Sicurezza del Lavoro, 2018, fasc. 11 pag. 565 – 569; Cardilli Marco,” Safety” e “security”: due diverse declinazioni della sicurezza pubblica , (Relazione al Convegno “Safety e security nelle manifestazioni pubbliche”, Roma, 12 giugno 2018), in Amministrativ@mente, 2018, fasc. 7-8 pag. 9; Pugliese Vincenzo, Ordine pubblico, sicurezza e costituzione , in La Giustizia Penale, 2017, fasc. 12 pag. 330 – 352.

[8] C. Costituzionale, sentenza n. 1/1956, in Consulta on line, giurcost.org.

[9] C. Costituzionale, sentenza n. 2/1956, in Consulta on line, giurcost.org.

[10] C.Cost., n. 19 del 16 marzo 1962, GiC, 1962, pag. 190; CERRI, Ordine pubblico (dir. Costituzionale), in Enc. Giur., vol. XII, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1990, pag. 8.

[12] Sentenza Corte Cost. N. 199 del 1972 e n. 210 del 1976, in Consulta on line, gurcost.org.

[13] Sentenza Corte Cost. N. 84 del 1969, in Consulta on line,giurcost.org.

[14] Sentenza Corte Cost. N. 16 del 1973 e n. 71 del 1978, in Consulta on line,giurcost.org.

[15] Sentenza Corte Cost. N. 126 del 1985, in Consulta on line, giurcost.org.

Bibliografia

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Cardilli M., “Safety” e “security”: due diverse declinazioni della sicurezza pubblica , (Relazione al Convegno “Safety e security nelle manifestazioni pubbliche” , Roma, 12 giugno 2018), in Amministrativ@mente, 2018;
Falzone V., Palermo F., Cosentino F., La costituzione della Repubblica italiana , Milano, 1991;
Maimone F., Ordine pubblico e Costituzione , Orizzonte 48, 2017.

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