L’attuazione del PNRR: analisi delle criticità alla base del processo di accelerazione della ripresa economica italiana
Introduzione
Molto spesso si sente parlare di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) quale programma di investimenti e opportunità che l’economia italiana si sia mai trovata a dover gestire dopo la pandemia causata dal Covid-19. La Commissione europea nel 2020, a seguito della crisi sanitaria e più nello specifico sociale ed economica, ha dichiarato di “mettere a disposizione un bilancio rafforzato (…), per dare avvio alla ripresa e preparare un futuro migliore” [1]. Nonostante la grande importanza che riveste tale programma, paragonato da alcuni al piano Marshall, ad oggi il PNRR è assai poco conosciuto, basti pensare che solamente il “12% dichiara di conoscerlo in modo approfondito, il 44% lo conosce solo in parte, mentre il 28% ne ha solo sentito parlare e il 16% ignora del tutto di cosa di tratti”[2]. La poca conoscenza del Piano e la sua complessità strutturale, vengono accompagnate dai numerosi problemi attuativi che stanno compromettendo la capacità del nostro Paese di realizzare gli investimenti, le riforme, gli obiettivi e i traguardi come originariamente definiti e aventi l’obiettivo di coniugare la crescita economica con quello della riduzione dei differenti divari territoriali.
Ma che cosa è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)?
Al fine di superare la pandemia e la conseguente crisi economica l’UE ha approntato, nel quadro del Next Generation UE (NGUE), il Dispositivo per la ripresa e resilienza (Recovery and resilience facility – RRF), disciplinato dal Regolamento n.2021/241/UE, quale strumento di supporto alla ripresa degli Stati membri, con una dotazione di 723,8 miliardi di euro, di cui 338 di grant (sovvenzioni) e 385 di loans (prestiti). Per poter avere accesso a tali risorse, ogni Stato membro ha definito un insieme di riforme e investimenti per il periodo temporale 2021-2026, contenute in un Piano nazionale per la ripresa e resilienza (Recovery and Resilience Plan). L’iniziativa del NGUE ha canalizzato notevoli risorse verso Paesi quali l’Italia, che hanno sofferto di una bassa crescita economica ed un elevata disoccupazione con l’intenzione di promuovere una ripresa dell’economia europea con una declinazione su specifici ambiti di intervento quali la transizione ecologica, la digitalizzazione, la competitività, la formazione e l’inclusione sociale, territoriale e di genere[3].
L’Italia in tale scenario è la prima beneficiaria in valore assoluto, dei due principali strumenti del NGEU, ovvero il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, di cui 68,9 di grant(sovvenzioni) e 122,6 di loans (prestiti) su specifici pacchetti di investimenti e riforme articolati in 6 Missioni o aree tematiche strutturali di intervento (es. transizione digitale, transizione verde, mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, salute), suddivise in 16 Componenti (c.d. cluster) funzionali a realizzare gli obiettivi economico e sociali, con la previsione di destinare il 40% delle risorse ai territori del Mezzogiorno. Il Piano prevede, inoltre, un ampio programma di riforme di contesto che dovranno accompagnarne l’attuazione e rafforzare al contempo il tessuto imprenditoriale e ridurre gli oneri e vincoli burocratici (es. Pubblica Amministrazione, Aumento delle spese per ricerca e sviluppo, Fisco, Giustizia e Lavoro)[4]. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza costituisce dunque un’innegabile prospettiva di progresso socio-economico del Paese, e che consentirà di avviare, grazie all’iniezione di capitali e l’implementazione di nuove riforme, un percorso di crescita economica sostenibile e duratura, superando gli ostacoli che hanno limitato l’espansione dell’economia italiana nel corso degli ultimi decenni e generare parallelamente un impatto significativo sulle iniziative di investimento privato.
Attuazione del PNRR: a che punto siamo?
Il Next Generation Eu ha messo a disposizione, in poco più di un anno e mezzo, già 150 miliardi di euro agli Stati membri dell’UE, dei quali 67 miliardi destinati all’Italia. Il Governo italiano al termine dell’anno 2022 ha dichiarato formalmente il raggiungimento delle 55 condizioni prefissate per lo stesso anno e il completamento dei 151 tra obiettivi e traguardi, chiedendo la contestuale erogazione della terza rata di un ammontare pari a 19 miliardi di euro, ma su cui è in corso la valutazione da parte della Commissione europea, che sta passando in rassegna gli obiettivi e traguardi che l’Italia era chiamata a portare a termine. In un simile scenario si aggiunge inoltre, la priorità aggiuntiva di assicurarsi la quarta rata da 16 miliardi di euro attraverso il raggiungimento dei 27 obiettivi (20 milestones e 7 target) e l’attuazione della riforma della giustizia civile e penale, il codice per gli appalti e la riforma del pubblico impiego.
Al netto del quadro finanziario indicato è stato evidenziato come ad oggi solo il 6% dei finanziamenti del PNRR italiano è stato speso e solamente l’1% dei progetti è stato completato (2.037 progetti su 171.610) con notevoli difficoltà nella gestione degli stessi. L’attuazione del Piano dunque al 31 dicembre 2022 è pari al 6% per tutte le diverse missioni, ad esclusione della missione 3 – “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, con un rapporto tra spesa sostenuta e totale delle risorse del 16,4%. Tale accumuli di ritardi saranno proiettati avanti nel tempo e dovranno essere recuperati nel corso del 2023, dove sarà indispensabile raggiungere le 96 condizioni aggiuntive tra obiettivi e traguardi il cui grado di raggiungimento è di circa il 28% secondo quanto indicato nella relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza della Corte dei Conti[5].
I predetti ritardi hanno indotto il Governo Italiano ad una rimodulazione del Piano, come originariamente approvato, rispetto a quei progetti ed opere che stanno subendo dei rallentamenti tali da compromettere la possibilità di essere completati entro il 2026, come ad esempio:
- Strutture ferroviarie del Centro (raddoppio della Roma-Pescara e della Orte-Falconara) e del Sud Italia;
- Costruzione e la riqualificazione degli asili nido;
- Piantumazione di alberi e rinaturazione del fiume Po;
- Investimenti nelle Zone Economiche Speciali (ZES).
Come anticipato, il PNRR viene assimilato al Piano Marshall grazie al quale l’Italia si affermerà tra le sette economie più grandi del mondo, ma come nel 1950, i principali problemi di attuazione, che rischiano di minare la possibilità di ottenere le successive tranche di pagamento, riguardano non solo i progetti nelle aree del Sud Italia ma anche la gestione delle stesse risorse nelle amministrazioni locali, molte delle quali versano in uno stato di dissesto finanziario e per le quali il numero medio di progetti presentati è di gran lunga limitato rispetto all’ammontare delle risorse finanziarie disponibili e potenzialmente impegnabili [6].
Quali sono le principali criticità nell’attuazione operativa del Piano?
I ritardi accumulati a fronte delle importanti sfide sottese nel PNRR sono da indagare in variabili strutturali e sociali che verrano di seguito indicate e meglio dettagliate, ovvero:
- Complessità del Piano che nella sua articolazione, ricca di misure e progetti di carattere strategico, richiede un’attenta pianificazione e coordinamento tra le diverse istituzioni coinvolte tra cui il governo centrale, le regioni, le province, i comuni e le imprese. Inoltre, il PNRR prevede un sistema di monitoraggio e valutazione continuo, che richiede la raccolta e l’analisi di grandi quantità di dati su aree tematiche eterogenee e trasversali, al fine di garantire l’efficacia e l’efficienza dell’implementazione del Piano. Su questo aspetto si ravvisa la mancanza di un documento informativo sull’attuazione del PNRR, in quanto le uniche fonti disponibili e aggiornate sono ricollegabili alla Relazione al Parlamento della Corte dei Conti del 28 marzo, la Deliberazione n.6/2023 e il database OpenCup alimentato dai Soggetti titolari degli interventi che non sempre forniscono informazioni relative ad uno specifico bando pubblico, comportando l’inaccessibilità ad informazioni omogenee e complete sullo stato di attuazione dello stesso Piano. E non si parla di cifre di poco conto. Secondo quanto stimato da The European House Ambrosetti, l’impatto complessivo nel decennio 2026-2036 del PNRR potrebbe arrivare a un +13% rispetto allo scenario senza i fondi, eppure come già sottolineato il percorso è in salita poiché solamente il 6% dei finanziamenti è stato speso e l’1% dei progetti è stato completato, ovvero su 610 progetti candidati solo 2037 sono stati completati[7];
- Burocrazia amministrativa caratterizzata molto spesso da elevate procedure documentali per l’approvazione e gestione dei progetti nonché da poca flessibilità e tempestività nell’attuazione delle decisioni. Il 65% dei progetti del Piano transita in enti locali con criticità ravvisabili nel mancato utilizzo di strumenti digitali per la raccolta e l’elaborazione dei dati e nella promozione di una cultura della responsabilità e dell’efficienza nella gestione dei fondi pubblici. Lo scarso coinvolgimento degli stakeholder locali e i rallentamenti nei tempi di realizzazione tra le diverse fasi progettuali, favoriscono una ridotta partecipazione e consapevolezza da parte dei degli attori chiave coinvolti, i quali secondo un’indagine svolta all’Osservatorio PNRR – Ambrosetti, hanno dichiarato di aver riscontrato difficoltà nel partecipare ai bandi, difficoltà legate per il 45% ai criteri tecnici, per il 30% alla complessità nell’interpretazione del bando e per il 18% alle tempistiche per la candidatura.
- Mancanza di personale qualificato e specializzato in settori come l’ingegneria, la scienza dei dati e l’informatica. La carenza di personale qualificato è stata aggravata ulteriormente dalla fuga di molti professionisti altamente qualificati dall’Italia e dai processi di reclutamento per i progetti PNRR, caratterizzati da procedure farraginose e requisiti tecnici di selezione che hanno impedito di trovare rapidamente personale compatibile con le attuali esigenze progettuali. Secondo alcune analisi contenute nel report sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine”[8], elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior e realizzato da Unioncamere in collaborazione con ANPAL, si è evidenziato come l’inadeguata disponibilità di personale ha generato problematiche significative nella gestione dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Infatti, considerando una finestra temporale di difficoltà di reperimento che varia da 2 a 12 mesi, è emerso che nel 2022 si è verificata una perdita di valore aggiunto pari a 37,7 miliardi di euro, corrispondente al 3,1% del valore generato complessivamente dalle filiere industriali. Il concetto di mismatch tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle possedute dai lavoratori rischia di accentuarsi ulteriormente nei prossimi anni a causa della transizione digitale e della transizione verde, nonché dell’evoluzione demografica dovuta all’aumento dei flussi pensionistici e della diminuzione del numero di persone in età lavorativa a causa dell’invecchiamento della popolazione.
- Potenziali resistenze e conflitti di interesse tra le diverse istituzioni e attori chiave coinvolti nell’attuazione del PNRR e che concorrono all’ottenimento delle diverse somme finanziarie messe a disposizione. Tale tematica è stata oggetto di analisi all’interno del Regolamento (UE) 2021/241 del 12 febbraio 2021, dove si stabilisce che gli Stati membri sono tenuti ad adottare “tutte le opportune misure per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione e per garantire che l’utilizzo dei fondi in relazione alle misure sostenute dal dispositivo sia conforme al diritto dell’Unione e nazionale applicabile, in particolare per quanto riguarda la prevenzione, l’individuazione e la rettifica delle frodi, dei casi di corruzione e dei conflitti di interessi”. Alla luce del disposto normativo e nell’ottica di sfavorire il conflitto d’interesse nello specifico ambito del PNRR, i soggetti attuatori sono tenuti ad assicurare una sana gestione delle iniziative finanziarie. Le principali preoccupazioni infatti sono collegate ad una distribuzione di fondi pubblici non pienamente trasparente o carente nel controllo dei flussi di denaro, aprendo la strada a potenziali abusi nel caso in cui le procedure di monitoraggio non siano rigorose o insufficienti, creando opportunità per atti illeciti.
La disponibilità limitata di risorse e i vincoli temporali per la pianificazione e l’utilizzo di tali risorse non devono portare a decisioni affrettate, mancanza di trasparenza o una rendicontazione poco chiara dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi stabiliti. È fondamentale affrontare le criticità sopra menzionate e garantire che la maggior parte dei fondi venga destinata a interventi con un alto impatto moltiplicativo, evitando sprechi di risorse e assicurare un costante e graduale riequilibrio delle finanze pubbliche del Paese.
Conclusioni
In conclusione, l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in Italia è stata caratterizzata da numerosi ritardi che hanno compromesso l’efficacia e la tempestività delle misure previste. L’analisi condotta evidenzia una serie di fattori che hanno contribuito a tali ritardi, tra cui la complessità burocratica, la mancanza di coordinamento tra i diversi livelli di governo, le difficoltà nella selezione e nel reclutamento del personale necessario per l’implementazione dei progetti e le sfide nel coinvolgere gli attori locali. Questi ritardi hanno comportato conseguenze negative sullo sviluppo economico e sociale del Paese, con la perdita di opportunità di investimento, il rallentamento della creazione di posti di lavoro e la mancata realizzazione di infrastrutture e servizi essenziali per la popolazione. Inoltre, la mancanza di una corretta pianificazione e monitoraggio ha reso difficile valutare l’efficacia delle politiche e l’ottenimento dei risultati attesi. Per affrontare questa sfida, è necessario adottare un insieme di misure, tra cui un miglioramento del processo decisionale e della governance del PNRR, una maggiore trasparenza e responsabilità nella gestione delle risorse, nonché una migliore coordinazione tra i diversi attori coinvolti. E’ pertanto cruciale garantire un impiego efficiente delle risorse del PNRR, che rappresenta una grande opportunità per l’Italia, ma è indispensabile affrontare e superare gli ostacoli che hanno generato ritardi significativi. Solo attraverso un impegno collettivo e una gestione efficace sarà possibile massimizzare gli effetti positivi del PNRR e favorire una ripresa sostenibile e resiliente dell’economia e della società italiana.
(A cura di Manuel Crisante)
Bibliografia
- Commissione 27 maggio 2020, “Il bilancio della UE come motore del piano per la ripresa europea”.
- https://www.corriere.it/politica/23_aprile_14/sondaggio-italiani-scettici-sull-esito-pnrr-il-49percento-non-rilancera-paese-3167a3e6-daf9-11ed-8ccb-9633461aaadc.shtml?refresh_ce
- Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza #NextGenerationItalia – https://www.camera.it/temiap/2021/06/25/OCD177-4986.pdf
- Camera dei deputati, PROVVEDIMENTO Priorità nell’utilizzo del Recovery Fund, 9 ottobre 2020
- Osservatorio PNRR, The european House Ambrosetti.
- Il corriere della sera – Scusate il ritardo. Le cose da fare per salvare i fondi del Piano (LINK)
- https://www.prealpina.it/pages/fondi-europei-percorso-a-ostacoli-302344.html
- https://excelsior.unioncamere.net/pubblicazioni/2023/previsioni-dei-fabbisogni-occupazionali-e-professionali-italia-medio-termine
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