Economia

Le novità relative alla legge di Bilancio 2025 sui congedi parentali e il ruolo che quest’ultimi hanno nei mutamenti nella paternità / Les nouveautés relatives à la Loi du Bilan 2025 sur les congés parentaux et son rôle dans les mutations de la paternité

Abstract: l’articolo descrive le principali caratteristiche dei congedi parentali, utilizzati come strumento di conciliazione tra famiglia e lavoro e ne delinea le novità presenti nella legge di Bilancio 2025, in particolare, l’indennità pari all’80% della retribuzione per 3 mesi . Inoltre, sono proposte delle valutazioni sull’utilità dei congedi per le donne e gli uomini, evidenziando come essi ne fruiscano in maniera diversa e quali ne siano le motivazioni. Si citano i fattori culturali che costruiscono i modelli genitoriali, proponendo, infine, possibili soluzioni per rendere le politiche sociali sui congedi parentali più inclusive.

I congedi parentali come strumento di conciliazione tra casa e lavoro

Tutti i moderni stati sociali, in forma più o meno accentuata, si sono sviluppati, originariamente, sulla base di presupposti che prescrivevano (e/o avevano quale riferimento) un modello di famiglia fondata sul capofamiglia maschio . Nella sua forma ideale, tale modello si fonda sull’idea di una divisione del lavoro tra uomini e donne: all’uomo (adulto) è attribuito il ruolo di procacciatore di risorse – da qui il termine breadwinner -, e alla donna del lavoro di cura non retribuito ( fare casa ). Tali presupposti si sono, quindi, tradotti in politiche sociali che hanno sostenuto i diversi ruoli assegnati a uomini e donne. Nei paesi mediterranei il modello capofamiglia maschile rappresenta ancora oltre il 33% di tutte le coppie.

Successivamente, alcuni sistemi di welfare state hanno imboccato una strada diversa, sostenendo, piuttosto, modelli di famiglia di tipo dual-earner o dual breadwinner , in cui è incoraggiata la compresenza di uomini e donne nel mercato del lavoro attraverso lo sviluppo dei diritti individuali: tra gli altri, i congedi parentali sono uno strumento valido per migliorare la conciliazione tra famiglia e lavoro dei genitori e negli ultimi anni sono stati rafforzati.

Legge di bilancio 2025, quali sono le novità sui congedi parentali

Il disegno di legge di Bilancio 2025 interviene, ancora una volta, a rafforzare la tutela indennitaria prevista a favore dei genitori che usufruiscono del congedo parentale: esso contempla il riconoscimento di un’indennità di congedo parentale pari all’ 80% della retribuzione, per complessivi 3 mesi , rispetto ai due mesi applicabili secondo la disciplina 2024 e mira a rendere il beneficio strutturale. Quindi, i lavoratori che hanno terminato/terminano il periodo di congedo di maternità e di paternità dopo il 31 dicembre 2023 e dopo il 31 dicembre 2024 , potranno fruire del beneficio di tre mesi di congedo parentale all’ 80% della retribuzione, mentre l’ l’indennizzo per i mesi successivi è pari al 30%. Sulla base delle indicazioni fornite dall’INPS, per l’applicazione delle modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2024 (disciplina vigente), è presumibile che il mese di congedo parentale all’80% sarà riconosciuto se frutto entro i 6 anni di vita del figlio o dall’ingresso in famiglia, in caso di adozione o affidamento. Il beneficio sarà disponibile anche per i genitori adottivi o affidatari ea indipendentemente dalle modalità di fruizione del congedo (intero, frazionato in mesi, giorni o ore). Le novità introdotte dalla legge di Bilancio riguardano esclusivamente i lavoratori dipendenti: perciò, i congedi parentali fruiti da lavoratrici autonome o iscritte alla gestione separata non rientrano nel perimetro della norma.

Indennità ordinaria spettante al lavoratore                                                            

La disciplina, strutturalmente in vigore, prevede la spettanza al lavoratore richiedente di un’indennità pari al 30% della retribuzione media globale giornaliera. La legge riconosce già ad entrambi i genitori, lavoratori dipendenti, la possibilità di usufruire di un periodo di astensione facoltativa dal lavoro entro i 12 anni di vita del bambino. La madre può usufruire di massimo 6 mesi , dopo il periodo di congedo per maternità obbligatoria, mentre il padre può fruire di massimo 6 mesi (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) , anche durante il periodo di congedo di maternità della madre e quindi subito dopo il parto. Infine, entrambi i genitori possono godere, complessivamente, di un massimo di 10 mesi di congedo parentale (elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi).

Mamme e papà e il diverso utilizzo del congedo

I congedi parentali sono uno strumento utile per la conciliazione tra famiglia e lavoro delle donne, infatti, esse sono le più incentivate ad usufruirne, mentre i padri sono più restii ad attuali: ciò rischia di mantenere ancora poco equa la distribuzione dei carichi familiari. Infatti, le donne continuano ad essere le detentrici del lavoro di cura, di mediazione, di organizzazione e gestione familiare, invece gli uomini, per quanto hanno decostruito maggiormente gli stereotipi di un certo tipo di paternità , perdurano nel delegare le compagne/moglie come le badante principale . Tanto è vero che, anche i padri più presenti per i propri figli, si dedicano principalmente alle attività ludiche di gioco, mentre le mamme continuano ad occuparsi delle attività di cura routinarie, più impegnative e meno gratificanti, come i pasti, il bagno, il cambio dei vestiti ecc..

Le politiche di congedo familiare reiterano un maggior tempo di cura alle donne, mentre varie ricerche sottolineano come i padri siano disincentivati ​​a utilizzare permessi e congedi di paternità e parentali. Tra le principali cause culturali della difficoltà al cambiamento si evidenziano: i meccanismi di socializzazione di genere , che portano ad una costante interiorizzazione di modelli e naturalizzazione dei ruoli di uomini e donne; la mancanza delle capacità pratiche di ri-produzione domestica , perché quasi tutti gli uomini non hanno avuto la necessità di impararle e utilizzarle, essendo sempre sostituiti dalle proprie madri e mogli; infine, la fantasia di autosufficienza femminile nel materno, che porta a considerare la donna naturalmente predisposta e più capace nella cura dei figli rispetto al padre. Questi fattori culturali costruiscono il modello paterno come aiutante della madre, quindi, in una posizione marginale: ciò rischiando l’espansione e la diffusione del concetto di infantilizzazione degli uomini , secondo il quale essi sono considerati meno capaci di curare i propri figli in confronto alle mogli/compagnia.

Modelli di paternità nei luoghi di lavoro

Oltre ai fattori culturali sopra citati, che mantenere il lavoro di cura come responsabilità delle donne, anche il mondo del lavoro legittimo l’utilizzo dei congedi parentali più per le lavoratrici che per i padri lavoratori, soprattutto perché le aziende, anche quelle che sono definite family friendly , sposano una cultura lavorativa fondata sul modello del lavoratore ideale : secondo quest’ultimo, il lavoratore è colui che ha una forte identificazione con la propria professione, una grande devozione ad essa, misurata in termini di tempo speso fisicamente al lavoro, e convergono tutte le proprie energie nelle attività occupazionali, mettendo da parte anche la vita familiare. Il modello appena descritto è implicitamente mascolinizzato , poiché presuppone un individuo libero dai carichi di cura, ripartiti in modo diseguale all’interno delle coppie eterosessuali in Italia. Inoltre, il modello del lavoratore ideale contribuisce alla costruzione di cosa significativa per essere un uomo, perché rinforza il ruolo maschile come procacciatore di reddito, prioritario rispetto al ruolo di cura come padre. Per questo, i padri lavoratori, pur desiderando trascorrere più tempo in famiglia, non sono incentivati ​​a richiedere il congedo parentale, sia perché ciò potrebbe compromettere la loro carriera – dando l’idea di non mettere il lavoro al primo posto e rischiando valutazioni di performance negativa rispetto ai colleghi full time – sia perché tentano di non diventare vittime di pregiudizi e stereotipi di genere ancora strutturali nella società. Infine, è interessante notare come il welfare aziendale crei spesso un autodisciplinamento nei lavoratori: essi non utilizzano i congedi per non sembrare irriconoscenti verso la propria azienda.

Per un congedo parentale più inclusivo verso i papà

Le politiche sociali riguardanti i congedi parentali sono indirizzate ad entrambi i genitori; infatti, esse sono formulate con termini neutri e, quindi, sono potenzialmente inclusive ma, implicitamente, si rivolgono alle sole donne, considerate le uniche ad aver bisogno di conciliare casa-lavoro. In realtà, l’utilizzo di una formulazione neutra inibisce l’uso da parte dei padri, incoraggiando pratiche di conciliazione tradizionali. Inoltre, non si verifica un effetto contagio tra generi, ma soltanto intra genere: infatti, solo se i padri inizieranno ad utilizzarle, sarà possibile che altri agiranno allo stesso modo per imitazione. Affinché un uomo si senta legittimato o spinto a richiedere il congedo parentale è necessario, quindi, che le politiche siano esplicitamente rivolte anche ai padri.

Traduzione in francese a cura di Alessandro Iuliano.

Résumé: cet article décrit les caractéristiques principales des congés parentaux employés en tant qu’outil de conciliation entre famille et travail. Il en définit, de plus, les nouveautés présentes dans la Loi du Bilan 2025, notamment l’indemnité de 80% du salaire pendant 3 mois. En outre, des évaluations sur l’utilité des congés pour les femmes et pour les hommes, en mettant en évidence la manière dont ils en bénéficient en façon différente et les raisons de ces différences. On mentionne les facteurs culturaux qui structurent les modèles parentaux, en proposant finalement les solutions possibles qui rendent les politiques sociales sur les congés parentaux plus inclusives.

Les congés parentaux comme outil de conciliation entre famille et travail

Tous les états sociaux modernes se sont développés à l’origine, de manière plus ou moins marqué, en fonction de conditions qui prescrivaient (et/ou avaient comme référence) un modèle de famille fondé sur ce que l’on nomme en anglais male breadwinner. Dans sa forme idéale, ce modèle repose sur l’idée de diviser le travail entre homme et femme: à l’homme (adulte) est attribué le rôle de Fournisseur de ressources – d’où le terme male breadwinner – et à la femme celui des tâches des soins qui n’est pas salarié (en anglais homemaking). Ces conditions sont devenues politiques sociales, en soutenant les différents rôles attribués à l’homme et à la femme. Dans les pays méditerranéens le modèle breadwinner constitue encore plus de 33% de tous les couples.

Certains systèmes d’État-providence ont ensuite pris une voie différente, en soutenant plutôt modèles familiaux de type dual-earner ou dual-breadwinner, où c’est la coexistence des femmes et des hommes sur le marché du travail à travers le développement des droits individuels qui est encouragée: parmi d’autres, les congés parentaux sont un outil valable pour améliorer la conciliation entra famille et travail des parents et, pendant ces dernières années, ils ont été renforcés.

La Loi du Bilan 2025 : les nouveautés sur les congés parentaux

Le projet de Loi du Bilan 2025 intervient, une fois de plus, pour renforcer la protection d’indemnisation prévue en faveur des parents qui bénéficient du congé parental: il prévoit la reconnaissance d’une indemnisation du congé parental égale à 80% de la rémunération, pour un total de 3 mois, par rapport aux 2 mois prévues par la réglementation 2024 et vise à rendre cet avantage structurel. Les travailleurs qui ont donc terminé ou qui termine leur période du congé de maternité et de paternité après le 31 décembre 2023 et après le 31 décembre 2024 pourront bénéficier de 3 mois de congé parental à 80% de la rémunération, tandis que l’indemnité pour les 3 mois suivants sera égale à 30%. Selon les indications fournies par l’INPS (Institut National de la Providence Sociale), pour l’application des modifications apportées par la loi du Bilan 2024 (réglementation en vigueur), il est probable que le mois de congé parental à 80 % soit reconnu s’il est pris avant les 6 ans de l’enfant ou dès l’entrée en famille en cas d’adoption ou de placement. L’avantage sera également disponible pour les parents adoptifs ou accueillants et indépendamment des modalités de prise du congé (en entier, fractionné en mois, jours ou heures). Les nouveautés introduites par la loi de finances concernent exclusivement les travailleurs salariés: ainsi, les congés parentaux pris par des travailleuses indépendantes ou inscrites à la gestion séparée ne sont pas couverts par la norme.

Indemnité ordinaire due au travailleur

La réglementation en vigueur prévoit que le travailleur demandeur a droit à une indemnité égale à 30 % de la rémunération journalière moyenne globale. La loi reconnaît déjà aux deux parents, travailleurs salariés, la possibilité de bénéficier d’une période d’absentéisme facultatif du travail jusqu’aux 12 ans de l’enfant. La mère peut bénéficier d’un maximum de 6 mois, après la période de congé de maternité obligatoire, tandis que le père peut bénéficier d’un maximum de 6 mois (portés à 7 mois si l’absentéisme est pris pour une période entière ou fractionnée d’au moins 3 mois), y compris pendant le congé de maternité de la mère et immédiatement après l’accouchement. Enfin, les deux parents peuvent bénéficier, au total, d’un maximum de 10 mois de congé parental (portés à 11 mois si le père prend un congé entier ou fractionné d’au moins 3 mois).

Mères et pères et l’utilisation différente du congé

Les congés parentaux sont un outil utile pour la conciliation entre famille et travail des femmes, car elles sont les plus incitées à en bénéficier, tandis que les pères sont plus réticents à les utiliser : cela risque de maintenir une distribution inégale des charges familiales. En effet, les femmes continuent à être responsables du travail de soin, de médiation, d’organisation et de gestion familiale, tandis que les hommes, bien qu’ils aient déconstruit une certaine image de la paternité, continuent à déléguer à leurs compagnes/épouses le rôle principal de caregivers. C’est pourquoi, même les pères les plus présents pour leurs enfants se consacrent principalement aux activités ludiques et de jeu, tandis que les mères continuent à s’occuper des activités de soins routiniers, plus exigeantes et moins gratifiantes, comme les repas, le bain, le changement de vêtements, etc.

Les politiques de congé familial réitèrent une plus grande durée de soin attribuée aux femmes, tandis que diverses études soulignent que les pères sont moins incités à utiliser les congés de paternité et parentaux. Parmi les principales causes culturelles de cette difficulté au changement, on note: les mécanismes de socialisation de genre, qui conduisent à une constante intériorisation des modèles et à une naturalisation des rôles des hommes et des femmes; le manque de compétences pratiques pour la reproduction domestique, car presque tous les hommes n’ont pas eu besoin de les apprendre et de les utiliser, étant toujours remplacés par leurs mères et épouses; enfin, la “fantaisie d’autosuffisance féminine” dans le rôle maternel, qui amène à considérer la femme comme naturellement prédestinée et plus capable dans les soins des enfants par rapport au père. Ces facteurs culturels construisent le modèle paternel comme étant celui de l’aide à la mère, et donc dans une position marginale: cela risque d’amplifier et de diffuser le concept de l’infantilisation des hommes, selon lequel ils sont perçus comme moins capables de s’occuper de leurs enfants comparativement à leurs épouses/compagnes.

Modèles de paternité dans le monde du travail

Au-delà des facteurs culturels mentionnés ci-dessus, qui maintiennent le travail de soin comme une responsabilité féminine, le monde du travail légitime également l’utilisation des congés parentaux davantage pour les travailleuses que pour les pères travailleurs, principalement parce que les entreprises, même celles qualifiées de “family friendly”, adoptent une culture de travail fondée sur le modèle du travailleur idéal: selon ce modèle, le travailleur est celui qui s’identifie fortement à sa profession, qui lui accorde une grande dévotion, mesurée en termes de temps passé physiquement au travail, et qui concentre toute son énergie sur ses activités professionnelles, au détriment même de sa vie familiale. Ce modèle, implicitement masculin, suppose un individu exempt des charges de soin, réparties de manière inégale au sein des couples hétérosexuels en Italie. De plus, le modèle du travailleur idéal contribue à la construction de ce que signifie être un homme, car il renforce le rôle masculin comme pourvoyeur de revenu, prioritaire par rapport au rôle de père et de soignant. Pour cette raison, les pères travailleurs, bien qu’ils souhaitent passer plus de temps en famille, ne sont pas encouragés à demander le congé parental, d’une part parce que cela pourrait compromettre leur carrière – donnant l’impression de ne pas mettre le travail en priorité et risquant des évaluations de performances négatives par rapport aux collègues à temps plein – et d’autre part parce qu’ils tentent d’éviter les préjugés et stéréotypes de genre encore structurels dans la société. Enfin, il est intéressant de noter comment le bien-être d’entreprise crée souvent une autodiscipline chez les travailleurs : ils ne prennent pas leurs congés afin de ne pas paraître ingrats envers leur entreprise.

Pour un congé parental plus inclusif envers les pères

Les politiques sociales concernant les congés parentaux sont destinées aux deux parents; en effet, elles sont formulées de manière neutre et, par conséquent, sont potentiellement inclusives, mais elles s’adressent implicitement uniquement aux femmes, considérées comme les seules ayant besoin de concilier travail et famille. En réalité, l’utilisation d’une formulation neutre inhibe l’usage par les pères, encourageant ainsi des pratiques de conciliation traditionnelles. De plus, il n’y a pas d’effet de contagion entre les genres, mais uniquement intra-genre: en effet, ce n’est que si les pères commencent à utiliser ces congés qu’il sera possible que d’autres agissent de la même manière, par imitation. Afin qu’un homme se sente légitimé ou poussé à demander un congé parental, il est donc nécessaire que les politiques soient explicitement destinées aussi aux pères.

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