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criticità

(di Pietro Pavone)

L’impresa, come un individuo, non può non comunicare.

Né può farne a meno nei momenti più delicati della sua esistenza, come nel caso di una crisi aziendale.

Si dimostrerà che la comunicazione in situazioni di crisi acquisisce ulteriori elementi di significatività.

Più volte, in precedenti Numeri della presente Rubrica, si è fatto giustamente cenno all’esigenza di una gestione economico-aziendale della crisi che sappia andare oltre la classica impostazione giuridica che se ne propone.

A ben vedere, anche una gestione della crisi con particolare riferimento all’aspetto comunicativo (crisis communication management) è largamente auspicabile, soprattutto nei moderni mercati, nei quali la percezione della realtà diviene spesso più importante della realtà stessa.

Occorre, in sostanza, impedire che gli sforzi che hanno reso possibile la creazione di una forte immagine aziendale vengano resi vani dal perdurare di situazioni emergenziali mal gestite.

Quando si parla di corporate image si fa riferimento ad un costrutto percettivo che si forma nella mente del potenziale consumatore e che – pertanto – sfugge ad un pieno governo da parte dell’impresa. In letteratura si parla comunemente di Total Corporate Communication per intendere l’agire comunicativo delle moderne organizzazioni, le quali comunicano semplicemente perché esistono. Ciò vuol dire che l’impresa trasmette continuamente messaggi, anche in modo più o meno inconsapevole, attraverso ciò che mostra (si pensi al layout delle attrezzature, la configurazione del punto vendita, il visual design), ciò che produce (gli elevati livelli di competitività tra imprese hanno indotto le stesse a differenziare la propria offerta anche attraverso la leva del packaging), ciò che promuove, nonché ciò che di essa viene percepito sia dal ristretto target di riferimento che dalla più generica platea degli opinion leader.

Nella stessa ottica, non si può mancare di osservare che anche la reticenza, l’inerzia e – non da ultimo – il silenzio acquisiscono precise valenze comunicative, costituendo concetti che ben si prestano ad essere riempiti di significato dal pubblico che osserva e/o interagisce con l’azienda.

Per questa serie di motivi, diventa – oggi più che mai – particolarmente importante per l’impresa governare i flussi comunicativi (sia interni che esterni all’organizzazione) preoccupandosi di controllare che sia sempre garantito il giusto allineamento tra valori professati e azioni realizzate.

Infatti, la divergenza tra l’impresa che comunica e l’impresa che agisce è una contraddizione facile preda dell’opinione pubblica, essendo alquanto evidente che, in questi casi, ad essere percepito non è ciò che si predica ma ciò che poi viene realizzato (comportamento socialmente responsabile, lo stile direzionale del management ecc).

Le considerazioni sinora svolte trovano nella crisi d’impresa valido campo di applicazione.

Diverse sono le definizioni di crisi aziendale che sono state proposte nel tempo; ma ai fini che qui rilevano si intende metterne in luce soprattutto due aspetti, che paiono caratterizzare ogni crisi d’impresa: eccezionalità dell’evento critico e visibilità dello stesso e dei suoi effetti all’esterno dell’organizzazione.

Eccezionalità dell’evento critico significa, oltretutto, imprevedibilità del suo manifestarsi. La prevedibilità di una crisi dipende, molte volte, dalla natura della crisi stessa: mentre un evento catastrofico (es. allagamento del magazzino) è difficilmente prevedibile, altre volte è possibile intervenire monitorando gli alert, che fungono da veri e propri segnali d’allarme per il management.

Il crisis management è proprio quell’insieme di attività di risposta alle crisi traumatiche che comprendono le fasi di previsione e di gestione concomitante ed ex post della crisi e dei suoi effetti.

Prima della crisi è buona norma effettuare un’attenta analisi delle diverse aree generatrici di valore, al fine di individuare e monitorare quelle più a rischio. È in questa fase che si predispongono i piani di crisi necessari per ridurre il livello di improvvisazione durante il manifestarsi dell’emergenza (è un dato che la crisi, nel mentre della sua esplosione, “stressa” le capacità comunicative e di gestione di qualunque organizzazione).

Durante la crisi si forma l’unità di crisis management (crisis team), incaricata di dare attuazione ai piani sapientemente elaborati in precedenza. Attivando i piani di crisi l’impresa può contenere gli effetti negativi sull’immagine e sulla fiducia instaurata con i diversi stakeholders. L’organizzazione deve innanzitutto indagare sulla natura della crisi, sulle aree direttamente coinvolte, sulle responsabilità e l’entità dei danni, nonché individuare i pubblici interessati alla percezione della crisi.

La comunicazione per operare come valido supporto deve essere immediata e completa (al fine di evitare la diffusione di notizie da altre fonti che potrebbero aggravare la situazione), centralizzata (allo scopo di assicurare coerenza nella diffusione delle informazioni: si è soliti nominare un portavoce, unica persona autorizzata a rilasciare informazioni), aggiornata costantemente (per informare i pubblici dello stato di avanzamento delle azioni intraprese contro la crisi) e trasparente (ossia non finalizzata a minimizzare; se necessario deve contenere anche l’ammissione di responsabilità).

A evento critico placato, invece, si controllano i risultati conseguiti e si fa in modo di implementare un procedimento di apprendimento per il futuro che possa agevolare la previsione e la gestione di eventi critici analoghi.

Appare, dunque, evidente che la comunicazione assurge a fattore decisivo per la corretta gestione di una crisi.

Spesso la capacità di prevedere le criticità permette di evitarle. Gli sforzi vanno profusi, anzitutto, in questa direzione. Quando la crisi, invece, non sembra derivare da momentanei squilibri economico-finanziari superabili con collaudati processi di risanamento, occorre fare leva sulle capacità di crisis management.

Si è visto, tuttavia, come anche un evento per sua definizione negativo, quale una crisi aziendale, possa costituire, se ben governata, un’opportunità da cogliere, consentendo di immagazzinare l’esperienza vissuta per la gestione di crisi future, di consolidare il senso di appartenenza e la corporate reputation e di liberare, dal cambiamento, nuove energie a servizio di una rinnovata distintività aziendale.

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