La rassegna stampa giuridica di Economia & Diritto – Dicembre 2021
Corte di Cassazione Sezioni Unite sentenza n. 40543 del 17 dicembre 2021
“ va, quindi, enunciato il seguente principio di diritto: « In materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e agli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi di imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’art.60 del d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente>>”.
Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 38757 del 7 dicembre 2021.
“9.1 La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato l’indeducibilità dei compensi per gli amministratori per l’anno d’imposta in esame per difetto d’inerenza, in quanto non previamente approvati da delibera dell’assemblea. Assume che impropriamente la sentenza impugnata ha richiamato a supporto del proprio convincimento la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 21993 del 29 agosto 2008, che riguarda fattispecie anteriore alla riforma del diritto societario di cui al d. Igs. n. 6 del 2003 che, tra l’altro, ha eliminato l’espresso rinvio che l’art. 2487 cod. civ., ante riforma, operava all’art. 2389 cod. civ. relativo ai compensi degli amministratori di società per azioni, secondo cui «i compensi […] spettanti ai componenti del consiglio di amministrazione […] sono stabiliti all’atto della nomina o dell’assemblea».
Secondo la ricorrente, pertanto, non contenendo la norma fiscale dell’art. 95, quinto comma, del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR) alcun riferimento alla previa necessità di deliberazione dell’assemblea, quanto al compenso degli amministratori, la ripresa a tassazione dei costi riguardanti detti compensi doveva ritenersi illegittima; ciò anche in ragione della natura, incontroversa, della società ricorrente quale società di capitali a ristretta base partecipativa familiare, identificandosi gli amministratori pressoché in toto con la compagine societaria.
9.2. Questa Corte ha avuto modo di ribadire in più occasioni il principio espresso dalle Sezioni Unite anche con specifico riferimento a fattispecie relative a compensi di amministratori di società a responsabilità limitata non oggetto di previa delibera assembleare e con riferimento al quadro normativo successivo all’entrata in vigore della riforma del diritto societario del 2003 (si vedano specificamente, al riguardo, Cass. sez. 5, 28 ottobre 2015, n. 21953; Cass. sez. 6-5, ord. 8 giugno 2016, nn. 11779 e 11781; Cass. sez. 6-5, ord. 30 marzo 2017, n. 8210; da ultimo, in tema di società per azioni, ma con considerazioni che importano l’estensione del principio quale che sia la forma in cui è costituita la società di capitali, Cass. sez. 5, ord. 3 marzo 2021, n. 5763).
9.3. Si è affermato il principio secondo cui «[i]n tema di redditi d’impresa, non è deducibile, per difetto dei requisiti di certezza e di oggettiva determinabilità del costo di cui all’art. 109 TUIR, la spesa sostenuta da una società di capitali per i compensi agli amministratori – non stabiliti nell’atto costitutivo – in mancanza di una esplicita delibera assembleare preventiva, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, né è ratificabile successivamente, stante la natura inderogabile degli artt. 2364 e 2389 c.c. (nel teso successivo al d.lgs. n. 6 del 2003)». A detto principio va data ulteriore continuità.
9.3.1. Specificamente, per quanto riguarda la società a responsabilità limitata, il fatto che sia venuto meno l’espresso rinvio all’art. 2389 cod. civ., viceversa contenuto nell’art. 2487 cod. civ. ante riforma, non fa venir meno la necessità di previa delibera assembleare di determinazione dei compensi, atteso il carattere inderogabile dell’art. 2389 cod. civ. che, al primo comma, prevede che [i]compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea».
9.3.2. Che detta disposizione, sebbene dettata riguardo alle società per azioni, debba intendersi come avente carattere generale inderogabile, applicabile, pur in mancanza, ora, di una norma di rinvio espresso, alle società a responsabilità limitata, lo si ricava dal fatto che in quest’ultimo tipo di società di capitali non è prevista una norma specifica sui compensi agli amministratori, rimandando l’art. 2475 cod. civ., all’atto costitutivo, quanto alla disciplina dell’ amministrazione della società, limitandosi il primo comma di detta disposizione a prevedere che «[s]alvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci […i».
9.3.3. L’atto costitutivo può dunque prevedere o meno un compenso per gli amministratori, ma, laddove non lo preveda, il raccordo della disposizione civilistica con la norma fiscale di cui all’art. 95, quinto comma, TUIR, a mente del quale «[i]compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’art. 73, comma 1, sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti», impone che nel caso in cui nulla preveda l’atto costitutivo, la certezza e/o determinabilità del costo ai fini della sua inerenza e quindi della sua deducibilità sia previamente determinato dall’organo assembleare.
9.4. Orbene, nella fattispecie in esame, è incontroverso che l’ultimo statuto, approvato, il 28 dicembre 2000, non oggetto di modifica entro il termine previsto del 30 settembre 2004 per l’eventuale adeguamento alla citata riforma del diritto societario, all’art. 21 stabilisce che «[a]ll’organo amministrativo spetta il rimborso delle spese sostenute per ragioni del suo Ufficio. L’assemblea stabilisce altresì gli eventuali compensi a lui spettanti a titolo di indennità».
9.5. È pacifico che per l’anno d’imposta in oggetto (2006) sia mancata alcuna delibera assembleare di determinazione di compenso per gli amministratori, diversamente, peraltro, di quanto accaduto negli anni precedenti, dal 2001 al 2005, come riferito dall’Amministrazione finanziaria in controricorso e non contestato dalla società ricorrente.
9.6. Ne consegue che per l’anno in esame, in assenza di previa delibera assembleare, non possano ritenersi sussistenti compensi “spettanti” agli amministratori, giusta il richiamato art. 95, quinto comma, TUIR, in quanto non predeterminati né nell’an, né nel quantum, con la conseguenza che i costi ad essi relativi sono privi dei caratteri di certezza e/o determinabilità che ne consentano la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi.
9.7. Neppure è idonea a sorreggere la tesi della ricorrente la circostanza che nella fattispecie in oggetto la contribuente sia società a ristretta base partecipativa familiare, non essendovi puntuale integrale coincidenza tra soci ed amministratori, come dichiarato dalla stessa ricorrente.
(Rassegna a cura di Michele Vanadia)
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a cura del Centro Studi di Economia e Diritto – Ce.S.E.D. Via Padova, 5 – 20025 Legnano (MI) – C.F. 92044830153 – ISSN 2282-3964 Testata registrata presso il Tribunale di Milano al n. 92 del 26 marzo 2013
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