La rassegna stampa giuridica di Economia & Diritto – Marzo 2022
Ordinanza del 02/03/2022 n. 6837 – Corte di Cassazione
“Premesso che:
- T. C. ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe lamentando che la CTR della Sicilia abbia violato gli artt. 3e 19del d.lgs.546/92 con il ritenere inammissibile l’originario ricorso in quanto diretto contro un estratto di ruolo invece che contro la successiva cartella di pagamento senz’altro nel caso di specie non notificata in modo rituale;
- l’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso;
considerato che:
- il ricorso è fondato e va accolto.
La contribuente premette di avere avuto casuale notizia della cartella e del ruolo a seguito di sua richiesta all’agente della riscossione. Premette altresì di avere in realtà impugnato non l’estratto del ruolo ma la cartella n. 25520100016xxxxxx e il ruolo sotteso n. 2010/30xxxx.
Indipendentemente da tale seconda premessa, è stato da questa Corte affermato che: “il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica- sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione.» (Cass., Sez.U., Sentenza n. 19704 del 02/10/2015)”.
E’ stato ancora affermato che « L’estratto di ruolo è atto interno all’Amministrazione da impugnare unitamente all’atto impositivo, notificato di regola con la cartella di pagamento, perché solo da quel momento sorge l’interesse ad instaurare la lite ex art. 100 c.p.c., salvo il caso in cui il ruolo e la cartella non siano stati notificati: ipotesi in cui, non potendo essere compresso o ritardato l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale, è invece ammissibile, nel rispetto del termine generale previsto dall’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, l’autonoma impugnativa dell’estratto, non ostandovi il disposto dell’art. 19, comma 3, del d.Lgs. n. 546 cit. che, secondo una lettura costituzionalmente orientata, impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisce l’unica possibilità di far valere la mancanza di una valida notifica dell’atto precedente del quale il contribuente sia comunque venuto a conoscenza.» (Cass. Sez. 6 -5, Ordinanza n. 22507 del 09/09/2019);
- la decisione di inammissibilità dell’originario ricorso è quindi errata. La sentenza deve essere cassata e la causa va rinviata alla CTR della Sicilia in diversa composizione per esame delle questioni rimaste assorbite nonché per la liquidazione delle spese dell’intero giudizio”.
Corte Costituzionale nella sentenza n. 73 del 18 marzo 2022.
“La trattazione camerale soddisfa primarie esigenze di celerità e di economia processuale, particolarmente avvertite in un processo, come quello tributario, che «attiene alla fondamentale ed imprescindibile esigenza dello Stato di reperire i mezzi per l’esercizio delle sue funzioni attraverso l’attività dell’Amministrazione finanziaria».
Le disposizioni censurate, definendo un modello di trattazione flessibile e capace di assicurare, anche nella versione camerale, un confronto tra le parti effettivo e paritario, e conciliandosi con le caratteristiche strutturali e funzionali del contenzioso tributario, costituiscono espressione non irragionevole della discrezionalità riservata al legislatore nella conformazione degli istituti processuali.
Pertanto, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 30, comma 1, lettera g), numero 1), della legge n. 413 del 1991, 32, comma 3, e 33 del d.lgs. n. 546 del 1992, devono essere dichiarate non fondate”.
Corte di Cassazione con la sentenza n. 9186 del 22 marzo 2022
“Il secondo motivo è fondato. Ai sensi dell’art. 752 cod. civ. i coeredi contribuiscono al pagamento dei debiti del de cuius in proporzione alle rispettive quote ereditarie. L’art. 754 cod. civ. dispone che gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e pesi ereditari personalmente in proporzione alla propria quota. Tali disposizioni devono ritenersi applicabili, in mancanza di norme speciali che vi deroghino, anche in relazione ai debiti ereditari di natura tributaria (Cass., Sez. 5, n. 18451 del 21/09/2016, Rv. 641118- 01; sez. 5, n. 22426 del 22/10/2014, Rv. 632743 – 01). Ai fini della assunzione della qualità di erede, tuttavia, non è sufficiente mera chiamata all’eredità, né la denuncia di successione trattandosi di un atto di natura meramente fiscale (Cass. Sez. 2, n. 10729 del 2009). Essa, piuttosto, consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius (Cass. n. 6479 del 2002, Cass. n. 2849 del 1992). Anche di recente questa Corte ha ribadito tale principio affermando che «ai fini dell’acquisto della qualità di erede non è di per sé sufficiente, neanche nella successione legittima, la delazione dell’eredità che segue l’apertura della successione, essendo necessaria l’accettazione del chiamato mediante una dichiarazione di volontà oppure un comportamento obiettivo di acquiescenza» (Cass., Sez. 6- 2, n. 5247 del 06/03/2018, Rv. 647986-01). Della avvenuta accettazione della eredità deve dare la prova ei qui dicit, secondo i generali principi in tema di onere della prova dettati dall’art. 2697 cod. civ. (cfr. Cass., Sez. L, n. 21436 del 30/08/2018, Rv. 650214 – 01) e non costituisce accettazione della eredità la mera presentazione della dichiarazione di successione (Cass., Sez. 5, n. 8053 del 29/03/2017, Rv. 643603 – O l). Nella specie, la CTR non ha tenuto alcun conto di tali principi, affermando da un lato l’irrilevanza delle vicende testamentarie in quanto non inerenti al giudizio, e dall’altro sostenendo che le ricorrenti, «nella loro qualità di presunte eredi» erano «come tali legittimate passive per il debito tributario “de quo”».
In realtà, come risulta dal ricorso, le contribuenti avevano dedotto, tanto nel ricorso di primo grado, quanto in appello di essere state del tutto pretermesse dal testamento il quale era stato prodotto in giudizio. In ogni caso, in mancanza di prova dell’avvenuta accettazione dell’eredità esse non potevano considerarsi soggetti passivi d’imposta”.
Corte di Cassazione ordinanza n. 10187 del 30 marzo 2022
«la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell’art. 32 comma 1 n. 2 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti»
(Rassegna a cura di Michele Vanadia)
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a cura del Centro Studi di Economia e Diritto – Ce.S.E.D. Via Padova, 5 – 20025 Legnano (MI) – C.F. 92044830153 – ISSN 2282-3964 Testata registrata presso il Tribunale di Milano al n. 92 del 26 marzo 2013
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