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Le asimmetrie informative in economia

Abstract: I concetti economici di maggior diffusione non sono adeguatamente conosciuti; la loro considerazione ed il relativo utilizzo nelle pratiche economiche porta inevitabilmente a false pratiche ea ingannevoli controlli del sistema. La completezza delle informazioni non esiste e, qualora esistesse, non potrà essere utilizzata a causa dei ritardi accumulati per ottenerla. L’asimmetria informativa, da sempre alla base dell’economia ma anche dell’evoluzione dell’intera umanità, viene qui spiegata con esempi concreti che portano a considerare l’economia come scienza “impossibile”.

Concetti come la concorrenza perfetta, la produzione, il disavanzo pubblico o il tasso di disoccupazione, tanto utilizzati nei manuali di economia per spiegare i teoremi e permettere anche di dimostrarli, non esistono nel mondo reale. In questo mondo invece esiste il loro contrario, cioè l’asimmetria informativa. In particolare, le asimmetrie informative sono una funzione fondamentale nella storia dell’umanità e coloro che pretendono di comprendere tutto in dieci minuti, se da un lato li conforta perché credono con questo di non perdere tempo, dall’altro possono portare alla catastrofe perché esiste il rischio di non capire nulla o, peggio, di farsi l’idea sbagliata che è un problema in quanto dalle idee poi vengono prodotti i giudizi.

L’asimmetria informativa non sta solo alla base degli odierni mercati, ma anche del progresso dell’umanità.

È una condizione in cui l’informazione non viene condivisa integralmente o nello stesso tempo tra due o più parti di un processo. Se è così, per un piccolo lasso di tempo una parte dei soggetti interessati ha maggiori informazioni rispetto al resto dei partecipanti e può ricavare un vantaggio da questo fatto. Tutti sanno che si tratta di un concetto utilizzato in maniera massiccia in economia e nei mercati finanziari e coloro che in vari modi hanno tentato di spiegarlo in teoria hanno preso il Nobel per l’Economia, come Akerlof e Stiglitz.

È per spiegare i diversi comportamenti dei soggetti che si suppone la presenza di asimmetrie informative. Dai tempi di Adamo ed Eva, se l’universo esiste da circa 13 miliardi di anni e la vita sulla terra da circa uno, questo non serve a nulla saperlo perché l’uomo in quanto tale allora non esisteva ancora. Basta infatti andare indietro di 20.000 anni e l’uomo certamente non parlava. Poi invece ha iniziato, e nessuno sa come, ma da quel momento, e forse anche da prima, egli sapeva che doveva sapere una cosa in più degli altri per sopravvivere e dopo, quando la pancia era piena ogni giorno e quindi iniziarono la civiltà e le arti, anche se poteva vivere bene solo sapendone una di più. Se io così come si usa il fuoco, che brucia ma se lo sai usare è una cosa buona e utile, le maggiori possibilità di salvezza non solo dagli animali che vogliono fare di me il loro pranzo, ma anche dagli altri miei simili che non lo sanno ancora; e mi impongo come loro capo. Naturalmente a capo di tutti stanno le donne che ne hanno sempre saputo una più del diavolo.

Arrivando all’oggi è evidente che, soprattutto nei mercati finanziari, sapere una cosa troppo presto rispetto agli altri costituisce un reato che si chiama insider trading , ma sapere una cosa una frazione di secondo prima degli altri consente – a chi la sa – di fare operazioni che lo porteranno in vantaggio. La presenza di asimmetrie informative spiega anche la nascita delle prime civiltà e della schiavitù; c’era chi diceva che le cose stavano in un certo modo e altri, meno informati, appunto, che gli davano ragione. Del resto, succede anche oggi. E così via per tutti i processi sociali e anche per le arti. Scorribandando nella storia dell’umanità vediamo che Michelangelo riteneva di sapere più cose dei suoi contemporanei, Papa Giulio II compreso, e portava avanti le sue idee sulla base di informazioni che solo lui aveva; e così Johann Sebastian Bach, tanto per restare tra i giganti. Qualche fisico molti anni più tardi scoprì che forse la struttura dell’universo era fatta in un certo modo e vorremmo possedere una penna più felice per descrivere ciò che deve aver provato quando si trovò alle tre del mattino in laboratorio a sapere una cosa che in quel momento nessun’altro sulla terra sapeva (Lederman).

Anche la politica funziona così: io so che tu non sai, e quindi ti spiego io come si fa; stessa cosa per le missioni e le spedizioni militari di pace, adatte a portare informazioni mediate dalle non informazioni che generano le nostre asimmetrie che alla fine portano la gente a non capirci più niente e, e questa è la vera tragedia, a morire per questo.

I risparmiatori – non gli investitori, che ne rappresentano la minima parte – pur di evitare di informarsi e di studiare, preferiscono ricorrere ai servizi di investimento offerti dalle banche pur immaginando quello che in seguito, in alcuni casi, è diventato notizia sui giornali nella sezione dei crimini finanziari. Le banche possiedono infatti informazioni migliori su un maggior numero di possibili investimenti e la minore conoscenza da parte del risparmiatore lo inducono quindi a ricorrere a operatori specializzati nella raccolta e nell’elaborazione delle informazioni circa i possibili modi di investire il denaro, pensando in cuor suo in buona fede sulla base di equazioni razionali, ben calcolate e calibrate della serie “ …che dio ce la mandi buona!

L’accesso differenziato alle informazioni è il problema etico dell’economia per eccellenza.

La storia di ogni scienza o disciplina, inclusa l’economia, ci insegna che premesse elementari sbagliate sono il focolaio degli errori e che premesse giuste aiutano la soluzione dei problemi; a parte il fatto che già il filosofo greco Platone si chiedeva chi fosse autorizzato a dettare le premesse, oggi è un argomento di semplice comprensione se si guarda ad esempio al mondo della programmazione per i computer, ambito in cui vale la sigla GIGA che significa “ Garbage-In-Garbage-Out ”, cioè: se si inseriscono dati approssimativi o anche errati, i risultati saranno approssimativi o anche errati. La domanda allora è quale sia la premessa elementare della infinita moltitudine dei fenomeni economici. Se l’economia è apparentemente lo studio delle dinamiche dei denari, lo studio del processo di coordinamento, lo studio degli effetti della scarsità, la scienza della scelta e lo studio del comportamento umano attraverso la ricchezza, una possibile conclusione da trarre da questa mancanza di accordo è che la definizione di economia non ha molta importanza. Il suo compito, invece, continua ad averne molta.

Il compito dell’economia è innanzitutto quello di creare una mappa mentale di tutto ciò che appartiene a questo mondo ma senza averne esperienza diretta. Nelle scienze sociali, al contrario che nelle scienze naturali, non possiamo vedere e osservare i nostri oggetti prima di pensarci perché gli oggetti delle scienze sociali sono costruzioni teoriche. (Popper, 1960) Se si deve passare dall’economia comune, che commercia in facili cose su piccola scala fino all’insieme estremamente astratto delle proposizioni fondative dell’economia nel suo complesso, guardando i fatti nel concreto, rivestiti di tutta la complessità con poiché la natura li ha dotati e tende ad ottenere una legge generale mediante un processo di induzione da un confronto di dettagli, è vano sperare che si possa arrivare alla verità; non vi è quindi un altro metodo se non quello a priori, o quello della speculazione astratta. L’insieme delle proposizioni di base deve ridurre quasi a nulla la grande complessità della cosa reale. Da questo quasi nulla, la complessità del mondo reale deve quindi essere ricostruita logicamente. Il primo compito è chiarire l’ambito dell’indagine che non è né ben definito né arbitrario. I domini scientifici sono caratterizzati da una serie di elementi di informazione ipotetici, compresi, forse, leggi e teorie accettate che vengono associati insieme come un corpo di informazioni. La chiarificazione dell’ambito in cui i concetti possono essere applicati implica una decisione provvisoria su cosa prendere e cosa scartare. Non si ha alcuna garanzia che questa astrazione da fenomeni apparentemente insignificanti funzionerà o si otterranno relazioni significative perché più complicato è il modello e maggiore è il numero delle variabili coinvolte, più esso si allontanerà dal nostro controllo mentale, che nelle scienze sociali è l’ unico controllo possibile, e ritorno ancora una volta alle scienze sociali perché non dimentichiamo che l’economia tre secoli fa era una branca della filosofia morale.

Critiche dall’interno?

Nessuna materia è stata criticata dai suoi stessi servitori in modo aperto e costante come l’economia. I motivi di insoddisfazione sono molti; il fatto che gli esseri umani appartengano al regno economico non implica automaticamente che appartengano al dominio dell’economia o che debbano occuparne la parte più grande. Nell’economia classica le questioni principali erano l’accumulazione, l’innovazione, la concorrenza, la produttività, la distribuzione del reddito e della ricchezza. Il fattore umano o personale rimane l’elemento irrazionale nella maggior parte o in tutte le teorie sociali istituzionali. L’idea astratta di ricchezza o valore di scambio deve essere attentamente distinta dalle idee accessorie di utilità, scarsità e adeguatezza ai bisogni e al godimento dell’umanità perché si tratta di idee variabili e per natura indeterminata e di conseguenza inadatte per la fondazione di una teoria scientifica. Si critica l’idea che l’economia sia una scienza del comportamento o che la scienza del comportamento sia fondamentale per l’economia.

I critici dell’approccio neoclassico hanno individuato correttamente che l’intero edificio poggia su un insieme di assiomi comportamentali. Tuttavia, con il tentativo di rendere la rappresentazione formale della scelta più realistica, i critici in realtà confermano la sua assunzione implicita che recita: per spiegare l’economia è necessario prima spiegare il comportamento umano. Se chiediamo qual è il modello di comportamento più adeguato all’economia assumiamo implicitamente che l’economia abbia effettivamente bisogno di un modello di comportamento; quindi, assumiamo già psicologismi, cioè precomprensioni, cioè pregiudizi e preconcetti, cioè il nostro cervello riempie i buchi che la nostra conoscenza gli lascia liberi. La massima ambizione che un economista possa avere è di costruire un modello semplice che mostri tutte le caratteristiche essenziali del processo economico per mezzo di un numero ragionevolmente ridotto di equazioni che collegano un ragionevolmente piccolo numero di variabili, anche se va detto che se il metodo matematico in quanto tale non è la causa della crisi economica in corso, la riduzione o sintesi del sistema economico è un’unica equazione che rende l’economia impossibile.

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