Progresso tecnologico ed incremento demografico: come sarà l’economia del futuro?
L’economia del futuro sarà, sicuramente, molto diversa da come la intendiamo oggi. L’economia, come scienza, concerne lo studio dell’allocazione efficiente di risorse scarse, al fine di garantire e soddisfare determinati bisogni. Se, infatti, il pianeta Terra dispone di risorse infinite, l’economia come campo di indagine e ricerca non esisterebbe. L’uomo, inoltre, è animale desiderante ed una volta raggiunto un obiettivo ambisce a nuovi desideri e stimoli.
Il desiderio, dunque, è il motore della scienza economica, esso si riflette nel vincente binomio necessità-bisogni. Aumentando i desideri del sistema economico, l’economia riesce a performare in modo più efficiente e resiliente. I nuovi desideri, da parte degli agenti economici, innescheranno produzione e, contestualmente, consumo. Affinché il sistema economico possa funzionare correttamente, è necessario che ciò che viene prodotto, ovvero i beni/servizi, siano domandati dai consumatori, altrimenti gli output rimarranno merce sostanzialmente invenduta.
Dalla relazione, ed interconnessione, tra domanda e offerta si delineano e derivano i livelli dei prezzi medi nel sistema economico. Un sistema economico per poter crescere e raggiungere crescenti livelli di benessere necessita di due risorse fondamentali:
- Crescita demografica;
- Progresso tecnologico.
La crescita demografica e il progresso tecnologico, tendenzialmente, sono complementari. Popolazioni demograficamente in aumento, per poter crescere e prosperare economicamente, necessitano inevitabilmente di un progresso tecnologico. L’aumento demografico di una popolazione, e di un sistema economico, consente di attuare la specializzazione del lavoro , ovvero la graduale divisione del lavoro in unità infra-marginali, per poter incrementare la produttività ed efficienza dell’intero sistema economico.
Proviamo ad illustrare il tutto con un semplice, ed intuitivo, esempio:
Qualora il sistema economico fosse costituito da due agenti economici, ipoteticamente, ognuno di loro si specializzerebbe nella produzione di un dato bene/servizio e il frutto del lavoro replicherebbe e testimonierebbe l’abilità e il talento del soggetto. Pensiamo, ad esempio, ad un pittore e ad un artigiano. Il pittore, infatti, sarebbe in grado di realizzare splendide opere d’arte che potrebbero essere apprezzate dall’altro agente economico che, a sua volta, potrebbe compensare l’altro con gradevoli opere d’artigianato.
Dietro il lavoro, dunque, vi è l’emancipazione e la piena realizzazione, sociale e culturale, di un individuo. I greci, inoltre, ribadivano come un essere umano, per poter essere felice, dovrebbe necessariamente conoscere se stesso (γνῶθι σεαυτόν).
La felicità, per i greci, era eudaimonìa, ovvero buona riuscita del proprio demone interiore, ossia la propria vocazione, ciò per cui si è nati, ma katà mètron ovvero secondo misura. La misura, ovvero il limite, era il concetto cardine della cultura greca, che non andava minimamente superato con un gesto di tracotanza e sfida.
“Conosci te stesso” e “realizza il tuo talento” era la cifra della grecità e l’economia, allora, era a misura umana e il compenso economico, essenzialmente, rappresentava il riconoscimento sociale da parte della comunità per il nostro operato. Oggi, però, anche a causa della globalizzazione finanziaria, ovvero dell’apertura dei mercati e dell’interazione tra le economie, il mercato è diventato il vero protagonista della storia. La competizione, la concorrenza e i rapporti commerciali, sempre più interconnessi, rappresentano oggi il fulcro della nostra società e cultura.
Il mercato, come ripreso da Adam Smith, filosofo ed economista del XVIII secolo e padre dell’economia classica, è un’entità matematica e razionale, caratterizzata dalla semplice intersezione tra due curve analitiche: la curva di domanda e di offerta. Le economie moderne, dunque, si fondano sul mercato e sulla razionalità degli scambi commerciali ed economici. Il progresso tecnico nelle nostre società è assolutamente necessario e doveroso, dato il repentino incremento demografico. Il lavoro e la catena di produzione, dunque, vengono frammentati ed ogni lavoratore ed agente economico concorrerà, marginalmente, alla produzione e realizzazione finale del bene.
Il γνῶθι σεαυτόν oggi è terribilmente ridimensionato, dal momento che la tecnica, con la sua razionalità decisionale e processuale, gestisce e coordina l’intero sistema economico e sociale. Le decisioni e le ambizioni degli uomini, gradualmente, finiscono per essere subordinate ai desideri e alla volontà del mercato. La tecnica, inoltre, punta esclusivamente al proprio auto potenziamento, fondandosi su dettami di efficienza e produttività. Se, infatti, una tecnologia o un determinato processo economico risulta essere più efficiente e produttivo, le procedure tecniche ed economiche, precedentemente impiegate, verranno gradualmente rimpiazzate e sostituite. La razionalità del ragionamento tecnico, però, a causa della sua velocità decisionale e procedurale, non permette agli uomini e agli agenti economici di prevedere a lungo termine gli effetti e le conseguenze delle azioni intraprese.
Il futuro, dunque, non risulta essere più facilmente prevedibile, ma sottoposto a graduali, oltre che continuative, modifiche e variazioni. Come ripreso dal Prof. Umberto Galimberti, la tecnica non ha scopi, non tende ad una meta finale e non rivela la verità. L’uomo, inevitabilmente, è uscito dalla storia, divenendo subordinato ad una realtà da lui stesso creata e progettata. La tecnica, perciò, ha inondato il mondo in ogni settore ed ambito:
- Nella comunicazione attraverso gli smartphone ei social network ;
- In ambito lavorativo, con la diffusione ed implementazione delle reti internet e dei personal computer ;
- In ambito sociale e relazionale, con una progressiva perdita dei contatti e rapporti umani.
Un sistema economico globalizzato e interconnesso, affinché possa mantenere crescenti livelli di benessere e vincere la competizione con le altre economie nello scenario internazionale, necessita di investimenti nel progresso tecnico e scientifico. Gli agenti economici, così, diventano attori economici mondiali in balia della competizione e degli scenari macroeconomici futuri. Oltre, dunque, a godere dei vantaggi e dei benefici della globalizzazione economico-finanziaria, l’uomo avrà ancora un valore morale ed etico o sarà ridotto a semplice esecutore di funzioni e input ?
Sigmund Freud, psicanalista e filosofo austriaco vissuto a cavallo del XX secolo, ribadì come l’essere umano, oltre alla sua componente logico-razionale, presenta anche una componente irrazionale evidenziata dall’amore, immaginazione, dolore, fantasia, follia ecc.. Se, perciò, la razionalità tecnica punta ad eliminare progressivamente la componente irrazionale e dionisiaca dell’uomo, andrà incontro ad una rapida standardizzazione dell’uomo, con una omologazione culturale e intellettuale del pensiero.
Immanuel Kant, filosofo tedesco del XIX secolo, sottolineò come l’uomo dovesse essere trattato sempre come un fine e mai come un mezzo.
La velocizzazione del tempo, indotta dal progresso tecnico e scientifico, ha inoltre mutato considerevolmente la natura del tempo: il tempo oggi diviene un tempo “scopico”, caratterizzato da una dimensione estremamente ridotta: recente passato e immediato futuro. La parola scopo deriva dal greco Skopos, ovvero uno sguardo mirato al fine di conseguire un dato obiettivo. La razionalità tecnica, quindi, non struttura e permette, data la sua velocità e dinamicità, di condurre un livello psichico, un’ideazione del tempo in un’ottica di medio-lungo periodo. Se, però, vi è difficoltà nello strutturare una concezione di lungo periodo del tempo, fossilizzandosi esclusivamente sul breve periodo, a causa dell’imprevedibilità della razionalità tecnica di prevedere, a lungo termine, gli esiti e gli effetti delle procedure tecniche e scientifiche, il futuro diventa così imprevedibile e denso di incertezza.
Il futuro, perciò, non permette di progettare e strutturare una conduzione di vita stabile, delineata e scandita come, ad esempio, risultava essere in Italia e nelle principali economie europee sino agli anni ’70 e ’80. La tecnica procede però lungo criteri che Joseph Schumpeter, economista austriaco del XX secolo, definisce distruzione creativa, ovvero distruzione creativa.
L’innovazione, che rappresenta il vero motore ed energia della crescita e del progresso sociale, oltre che tecnico ed economico, permette, grazie alle competenze e alle conoscenze acquisite, di progredire con nuovi beni e servizi ma, al contempo, di eliminare e sostituire la tecnologia e il processo economico e produttivo precedentemente adottato. Le tecnologie produttive, economiche e sociali, dunque, si autoalimentano e sostituiscono all’insegna dei dettami di efficienza, produttività, competitività ed innovazione e l’uomo, nella sua marginalità, deve imparare a gestire e controllare la potenza, oltre all’imprevedibilità, del mercato.
Per concludere è bene stimolare la nostra riflessione con una domanda: i fini dell’economia e del mercato sono davvero i nostri fini ed orizzonti?