Riflessioni sulla genesi della tutela ambientale in Costituzione: dall’art. 117 Cost. alla modifica degli arti. 9 e 41 Cost.
I primi 12 articoli della Costituzione affermano i valori su cui si fonda la Repubblica, i cd “principi fondamentali”. Tra essi, l’ar. 9 tutela lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica; tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Dovete sapere che la nostra Assemblea Costituente trovò molta difficoltà a definire il tema dell’ambiente nella Costituzione, ed è proprio per questo che inizialmente è toccato allo sforzo della dottrina e della giurisprudenza il compito di elaborare una definizione normativa di “ambiente”.
L’evoluzione giurisprudenziale in materia ambientale
E’ la Corte costituzionale che, con uno sforzo interpretativo, “positivizza” la protezione dell’ambiente, facendo emergere “un diritto costituzionale in materia”. Lo sforzo interpretativo della Giudice delle Leggi manifesta la volontà di classificare l’ambiente per la prima volta come “valore costituzionale”. La Corte Costituzionale parte dal concetto di “paesaggio” tutelato dall’art. 9 Cost, e arriva ad una definizione del “bene ambientale”, assegnandole rilevanza come un “diritto costituzionale vivente”. Secondo la Corte, il paesaggio come ambiente rappresenta un momento della tutela ambientale. Dunque, la tutela del paesaggio viene definita dalla giurisprudenza costituzionale come tutela paesaggistico-ambientale, e ciò fa s’ che da questo momento il paesaggio assume rilevanza non soltanto come valore estetico-culturale, ma tenendo conto di come le esigenze dello sviluppo socioeconomico del Paese incidono sul territorio e sull’ambiente (Corte Cost., sentenza n. 4 del 1985). Nella visone della Corte Costituzionale, l’ambiente è “un valore ptrimario da tutelare” all’interno di un processo evolutivo diretto a riconoscere una nuova relazione tra la comunità territoriale e l’ambiente che lo circonda, essenziale ai fini dell’equilibrio ambientale, capace di esprimere una funzione sociale e di incorporare una pluralità di interessi e utilità collettive, anche di natura intergenerazionale. (Corte Cost., sentenza n. 179 del 2019). In questa prospettiva la cura del paesaggio riguarda l’intero territorio, anche quando degradato o apparentemente privo di pregio (Corte Cost., sentenza n. 71 del 2020). La Corte combinando le disposizioni contenute nell’articolo 9 con quelle previste nell’articolo 32 della Costituzione, fa emergere anche il diritto all’ambiente salubre, afferma la necessità della tutela della salute in tutte le condizioni in cui si svolge la vita di ogni persona (Corte cost., sentenze n. 210 e 640 del 1987) e richiede che l’ordinamento tuteli l’ambiente come elemento determinativo della vita e come valore primario assoluto (Corte Cost., sentenza n. 127 del 1990).
Gli altri contesti normativi in materia di ambiente
Sono numerosi gli ordinamenti che hanno scelto di assicurare una tutela esplicita in Costituzione alla materia ambientale. Solo per citare quelli a noi più vicini geograficamente: Finlandia, Belgio, Grecia, Portogallo, Spagna, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Francia. In quest’ultima, dal 2005 la Costituzione contiene una Carta dell’ambiente (Charte de l’environnement) tramite la quale l’ambiente è stato elevato a bene costituzionalmente protetto. In Germania, quando si menzionano norme sulla tutela di ambiente e animali si cita espressamente la “responsabilità verso le future generazioni”. Lo sviluppo della problematica costituzionale dell’ambiente, è interessato anche dalla recente elaborazione normativa del concetto di ambiente a livello europeo. L’articolo 3 TUE afferma che l’Unione deve perseguire lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Secondo l’art 11 TFUE, nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile, l’ambiente deve essere la matrice delle politiche europee, e la politica dell’Unione a livello ambientale deve puntare a raggiungere i seguenti obiettivi: proteggere la salute umana; usare in maniera accorta e razionale le risorse naturali;combattere i cambiamenti climatici. Nel programmare la politica in materia ambientale, l’Unione deve prendere in considerazione:i dati scientifici e tecnici disponibili;le condizioni dell’ambiente nelle varie regioni dell’Unione;i vantaggi e gli oneri che possono derivare dall’azione e dall’assenza di azione;lo sviluppo socioeconomico dell’Unione nel suo insieme e lo sviluppo equilibrato delle singole regioni.
Il riferimento all’ambiente all’art. 117 Cost. Una”materia”
Come accennato in precedenza, la Costituzione italiana introduce una “menzione dell’ambiente” solo nel 2001(l. cost. 18.10.2001, n. 3). Essa è collocata nel titolo V della parte II, all’art. 117, il quale disciplina il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni: al secondo comma si affida alla esclusiva legislazione statale la «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» (lett. s), mentre il terzo comma attribuisce alla competenza concorrente Stato-Regioni la «valorizzazione dei beni culturali e ambientali». L’art. 116, inoltre, rende possibile l’attribuzione alle Regioni di ulteriori forme e condizioni di autonomia nell’ambito di alcune materie indicate dall’art. 117, secondo comma, (tra le quali la lettera s), e di tutte le materie di cui al terzo comma del 117.
La riforma costituzionale degli artt. 9 e 41 Cost. L’ambiente come “principio”
Il testo dell’art. 9 della Costituzione, a seguito della riforma costituzionale che vi introduce un nuovo comma, è il seguente: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». Il testo dell’articolo 41, a seguito delle modifiche apportate dalla riforma costituzionale approvata, così recita: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali».
Ambiente, biodiversità, ecosistemi e generazioni future
La legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, che ha modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione, ha riconosciuto un espresso rilievo alla tutela dell’ambiente, sia nella parte dedicata ai Principi fondamentali, sia tra le previsioni della cosiddetta Costituzione economica. Così, il nuovo comma 3 dell’art. 9 Cost., nel prevedere che la Repubblica (dunque, tutti gli enti della Repubblica) “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, detta un criterio generale di azione dei pubblici poteri improntato alla protezione dell’ambiente. Sempre nell’art. 9, comma 3, essenziale è il richiamo alle generazioni future: il riferimento colora l’azione dei pubblici poteri a tutela dell’ambiente di una profondità intergenerazionale, in linea con quanto previsto dalle altre costituzioni europee (per esempio, quella francese, tedesca, polacca, portoghese, svedese) e, prima ancora, dal principio dello sviluppo sostenibile, riconosciuto a livello internazionale, europeo e nazionale (all’art. 3-quater del Codice dell’ambiente): quel principio impone infatti di perseguire uno sviluppo che assicuri il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.
Il ruolo dei privati nella tutela all’ambiente
Se l’art. 9 è incentrato sul ruolo dei pubblici poteri nella tutela dell’ambiente, l’art. 41 allarga la prospettiva al ruolo dei privati. In particolare, il secondo comma prevede oggi che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno, oltre che alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, altresì “alla salute” e “all’ambiente”. E il terzo comma amplia – con l’espresso riferimento ai “fini ambientali” – il novero delle finalità a cui l’attività economica può essere indirizzata e coordinata dalla legge (“La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”). La riforma, approvata l’8.02.2022, degli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana, con l’introduzione (tra l’altro) di due nuovi limiti all’iniziativa economica privata ovvero la salute e l’ambiente comporta rilevanti conseguenze nell’ambito della gestione e strategia di impresa: i criteri ambientali, unitamente all’impatto sociale delle politiche aziendali ed ai temi di una gestione aziendale ispirata a buone pratiche e a principi etici assumono infatti sempre maggior rilievo, non solo etico, ma anche all’interno della normativa nazionale. I criteri ambientali, unitamente all’impatto sociale delle politiche aziendali ed ai temi di una gestione aziendale ispirata a buone pratiche e a principi etici trovano e sempre più troveranno spazio ed attenzione all’interno della normativa nazionale e nelle aule dei Tribunali italiani (ove già di recente si è imposta la tematica del cd. Green-washing e vi è stata la sanzione di un’azienda per aver tentato di mostrarsi pubblicamente più attenta, sensibile ed attivamente impegnata in questioni ambientali di quanto lo fosse effettivamente) con rilevanti conseguenze nell’ambito della gestione e strategia di impresa. Ma non solo: la compliance di un’impresa a tali criteri sarà sempre di più utilizzata dagli investitori per valutare e decidere le proprie scelte di investimento e dai consumatori per orientare le proprie scelte di acquisto di prodotti. E’ bene dunque che le imprese pongano sempre più attenzione alla tematica ambientale, all’impatto della propria attività di impresa sull’ambiente e, più in generale, al tema della sostenibilità, dotandosi di idonei strumenti, quali i bilanci di sostenibilità ed avvalendosi di professionisti specializzati ed enti certificatori che possano verificare la compliance delle stesse alla normativa, nonché riconoscere l’impegno delle imprese nel rispetto dei criteri ESG (“E: ambiente; S: impatto sociale e G: gestione aziendale ispirata a buone pratiche e principi etici”) e, più in generale, in materia di Corporate Social Responsability.
(A cura di Valerio Carlesimo)
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Valerio Carlesimo, lauraeto magistrale in Giurisprudenza, Avvocato Stabilito presso il Foro di Cassino, Giurista ambientale
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